VENEZIA «Buongiorno, sono Ruggero Bovo, molti amici mi riconosceranno come il proprietario del "Gatto Nero" di Burano. Sono stato ricoverato per Covid lo scorso 22 gennaio».
Inizia così la lettera del noto ristoratore veneziano al nostro giornale, che suona come una grande liberazione.
«Dopo 13 giorni sono stato dimesso - aggiunge - scrivo per esprimere la mia più profonda gratitudine ai medici, infermieri,e personale tutto dell'ospedale Civile di Venezia per le tempestive e professionali cure ricevute e per il calore umano dimostrato in un momento difficile: in particolare al direttore dott. Andrea Bonanome, al dottor Cristiano Bortoluzzi, alle infermiere e infermieri del reparto 4° Medicina.
Bovo non vuol fare il protagonista, ma esprime quello che in questi giorni è stato il suo più grande timore. Quello di non rivedere più la moglie.
«Non voglio parlare di quello che ho pensato in questo periodo. So di essere stato trattato come in un albergo a cinque stelle, da tutto lo staff, compreso chi si occupava delle pulizie. Non mi è mai mancata una parola di incoraggiamento. Quello che conta è che Qualcuno ha deciso che non fosse ancora il mio momento, e che dovessi tornare ai miei adorati fornelli».
Ed è quello che ha fatto, a 74 anni, nella sua Burano, nel suo ristorante in cui lavora da sessanta, curando la cucina nei minimi dettagli, soprattutto nella scelta delle materie prime.
E un pensiero affettuoso, Bovo lo riserva a un'altra ristoratrice storica di Burano, Linda Memo, che proprio a causa degli effetti collaterali del Covid è morta a 88 anni dopo essere rientrata a casa, e dopo due mesi di ricovero in ospedale. Linda Memo aveva iniziato a gestire la trattoria da Romano insieme al marito Orazio nel 1965.
«Era una persona speciale - la ricorda Bovo - tra di noi c'era una grande amicizia, nonostante fossimo concorrenti, ci scambiavamo consigli. Quando è morta è morto un pezzo della mia isola».