Cesare Polacco, l'attore che divenne celebre per la pelata mostrata in tv

Lunedì 5 Novembre 2018 di Alberto Toso Fei
Cesare Polacco in una illustrazione di Matteo Bergamelli
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 Ai più giovani il suo nome dirà forse poco; per i più anziani sarà invece sempre l'infallibile ispettore Rock, che alla fine di ogni episodio pubblicitario su Carosello sfoderava la sua famosissima calvizie, ammettendo: “Anch'io ho commesso un errore, non ho mai usato la brillantina Linetti!”. Una frase che rimase celebre per anni, anche quando il gel per capelli soppiantò la vecchia brillantina. Ma Cesare Polacco fu molto, molto di più: fu dei più bravi, intelligenti e preparati attori del teatro veneziano e italiano, per divenire poi personaggio televisivo e cinematografico.
Se infatti la popolarità gli piombò letteralmente addosso solo dopo la fortunata serie di scenette da réclame, egli fu per quasi un decennio un grande interprete goldoniano con la compagnia teatrale di Emilio Zago (dopo l'esordio nel 1920 con Cesco Baseggio), e poi con quella di Gianfranco Giachetti, prima di trasferirsi a Roma e iniziare una carriera da caratterista in televisione e al cinema, dove divenne anche un apprezzato doppiatore. Cesare Polacco nacque a Venezia il 14 maggio 1900, figlio di Davide Polacco e Rosa Trevi. Di origine ebraica, dopo il trasferimento nella capitale la sua carriera artistica subì una drastica interruzione a causa delle leggi razziali; creatosi una identità falsa, dopo l'8 settebre 1943 Polacco attraversò le linee del fronte per raggiungere il sud Italia e nella Bari liberata prese parte alla lotta di Liberazione partecipando alle trasmissioni della neonata “Radio Bari libera”. Dopo la guerra poté riprendere a lavorare alla luce del sole, trovando scritture soprattutto alla radio, ma non disdegnando il teatro – suo primo amore – né il cinema, benché il suo fisico asciutto e non più giovane lo relegasse spesso a impersonare esseri spregevoli, viscidi, traditori e vigliacchi, che lui rese sempre con grande capacità recitativa. Nella seconda metà degli anni Sessanta entrò a far parte del Piccolo Teatro di Milano, diretto da Giorgio Strehler, non mancando di apparire anche nella giovanissima televisione italiana, come quando interpretò il Conte Zio nei “Promessi Sposi” diretti da Sandro Bolchi per la Rai. Nel frattempo c'era stata anche la vita vera, quella lontana dai set, sebbene le sue compagne fossero anche colleghe di lavoro: dalla prima, l'attrice Eugenia Zorn, Polacco ebbe le figlie Elena, Arduina e Marina; rimasto vedovo nel 1940, sposò in seconde nozze sette anni più tardi un'altra attrice, Clelia Bernacchi, nota nel doppiaggio soprattutto per aver prestato la voce a Lauren Bacall, nei suoi primi film. Anche la voce di Polacco rimase legata ad alcuni grandi interpreti del cinema internazionale: doppiò infatti Antony Quinn, Boris Karloff o Buster Keaton (in “Viale del tramonto”), ma fu anche voce di uno dei corvi in “Dumbo”, del postiglione di “Pinocchio” e del nano “Gongolo” nelle celebri versioni Disney. Fino alla travolgente popolarità presso il grande pubblico televisivo con l'ispettore che non sbagliava (quasi) mai, inventato da un trio creativo d'eccezione: Luigi Magni, Furio Scarpelli e Lina Wertmuller (allora rigorosamente in incognito). Anche Polacco ci mise del suo, e non mancò di raccontarlo: “A differenza di Gino Cervi, che è stato costretto dal copione a fumare la pipa per portare sui teleschermi Maigret – spiegò un giorno a un intervistatore che si occupava di amanti della pipa – io ho la grande soddisfazione di averla imposta, la pipa, a regista e produttore. Ho fatto il primo Carosello tanti anni fa, e recitando mi sono ficcato una 'Peterson' in bocca. Proprio come facevo durante le prove. Poi ho chiesto: che, vi dispiace? Rapido consulto: no, in fondo andava bene così”. La pipa (ne possedeva una intera collezione), assieme a una inconfondibile giacca a quadri e a un'aria sorniona irresistibile per i telespettatori di allora, che lo fermavano per strada apostrofandolo come “commissario Rock”, divenne un elemento di riconoscibilità immediata. Cesare Polacco morì in una clinica di Roma il 2 marzo 1986, in seguito alle complicazioni di una broncopolmonite che si sommò ai postumi di una brutta caduta, motivo per cui era stato ricoverato. Fu sepolto nel cimitero ebraico della capitale.
Ultimo aggiornamento: 6 Novembre, 10:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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