Montagna abbandonata, sono spariti i pediatri. Ecco la mappa del disagio in quota

Decine di chilometri per raggiungere il primo ambulatorio pubblico. Un solo professionista per cinque valli

Sabato 24 Giugno 2023 di Marco Agrusti
Montagna abbandonata, sono spariti i pediatri. Decine di chilometri prima di trovare un ambulatorio

Il problema della montagna? Si dice fin troppo spesso che sia la denatalità. Si fanno pochi figli, i giovani che ci sono se ne vanno e scelgono lavori e vite lontano dalle valli e dalle terre alte. Le coppie che scelgono di avere un bambino e rimanere nei piccoli paesi sono poche. Un problema affrontato tante volte, ma c’è un argomento in più che disincentiva anche i più coraggiosi, i più affezionati al proprio luogo d’origine e al loro paesino di montagna: trovare un pediatra è praticamente impossibile.

E anche per una semplice visita, si devono macinare chilometri. 

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La mappa

I pediatri di libera scelta sono già pochi in pianura, e non a caso le famiglie sempre più spesso finiscono per intasare i reparti di Pronto soccorso anche per le necessità minori, che non richiederebbero codici d’urgenza così alti. L’emergenza però diventa insostenibile in montagna, dove i pediatri - in tutto il Friuli Venezia Giulia - si contano davvero sulle dita di due mani. E nella Destra Tagliamento su quelle di una sola. Basta dare un’occhiata al sito ufficiale dell’Azienda sanitaria del Friuli Occidentale. 
Il distretto che fa riferimento a Maniago e Spilimbergo, e che comprende tutta la zona montana della provincia di Pordenone, conta solamente cinque pediatri di libera scelta nel settore pubblico afferente all’Azienda sanitaria del Friuli Occidentale. Gli ambulatori? Sono a Maniago, a Spilimbergo e a Cavasso. Significa che chi vive più in alto, in paesi più piccoli e distanti e ha un bimbo o una bimba piccoli, deve farsi chilometri e chilometri per raggiungere lo studio di un pediatra. 

Friuli centrale

Ci si sposta poi nel distretto della Carnia, che comprende le valli che si sviluppano a partire dalla conca tolmezzina. Qui i pediatri che compaiono nella lista sono solamente tre. La prima dottoressa dell’elenco ha due ambulatori: uno è a Tolmezzo, l’altro a Paularo, ma questo secondo studio resta aperto solamente alcuni giorni la settimana. Non è quindi garantita la continuità assistenziale. Una seconda dottoressa, che è iscritta in lista come pediatra di libera scelta, opera invece a Paluzza e si sobbarca tutto il lavoro della vallata. Una terza dottoressa è concentrata invece solamente su Tolmezzo. 
Qualche altro chilometro di autostrada e si arriva nel complesso che riunisce l’alto Gemonese, il Canal del Ferro e la Valcanale. Qui i pediatri iscritti sono ancora una volta tre, ma due sono concentrati a Gemona, mentre c’è un solo professionista che deve sobbarcarsi tutto il lavoro corrispondente al Canal del Ferro e al Tarvisiano. 

La situazione

Una condizione, quindi, che è più o meno la stessa in tutta la fascia montana della nostra regione. E non bastano nemmeno gli incentivi, che permetterebbero ai medici di ottenere migliori condizioni di lavoro a patto di accettare - per un periodo ragionevole di tempo - un incarico in una delle zone definite come disagiate. Una legge, questa, che di recente è stata anche al centro di una battaglia di competenze tra lo Stato e la Regione. L’ha spuntata l’ente guidato da Massimiliano Fedriga, che si è visto riconoscere la bontà del provvedimento direttamente dalla Corte costituzionale. Evidentemente però non è ancora sufficiente. E non ci si chieda più, poi, perché le famiglie scelgano di mettere al mondo un figlio in pianura e non nei piccoli paesi. 

Ultimo aggiornamento: 25 Giugno, 10:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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