Treviso. Patrimonio del designer sparisce
poco prima della morte: processo per due

Mercoledì 20 Aprile 2011 di Roberto Ortolan
L'architetto Lino Codato: è battaglia sull'eredità
TREVISO - A quasi tre anni dalla morte di Lino Codato - architetto e designer geniale (uno dei migliori del Nordest stroncato da un tumore al cervello) - avvenuta a 57 anni nella primavera del 2008, iniziato il processo nel quale l’allora compagna Luisa Roccon e il fratello Francesco, di Castelfranco (Treviso), sono chiamati a rispondere dell’accusa di circonvenzione d’incapace. Ad accusarli l’ex moglie del designer e i figli che si sono costituiti parte civile con l’assistenza dell’avvocato torinese Gian Maria Nicastro.



Ieri in mezzo ai due contendenti c’era il giudice Elena Rossi, mentre a sostenere l’accusa di circonvenzione d’incapace c’era il pm Barbara Sabbatini. I fratelli Roccon, assistiti dall’avvocato Guido Scudeller, avrebbero sottratto denaro contante dai conti correnti intestati a Lino Codato - secondo gli inquirenti - per circa un milione di euro, ma avrebbero anche ceduto partecipazioni aziendali e diritti di royalties del valore di quasi 800mila euro per pochi spiccioli.



Una tesi che i due imputati hanno sempre respinto con forza. Tutte le operazioni finanziarie - la tesi difensiva - sono state perfezionate dall’architetto Codato che non è mai stato incapace d’intendere e volere e pertanto non è mai stato vittima di circonvenzione. Si è trincerato nel più assoluto silenzio l’avvocato Scudeller, dopo aver chiesto il proscioglimento dei clienti che, in particolare Luisa, hanno assistito amorevolmente fino alla fine l’architetto Codato. Il giudice Rossi, sentiti i legali di accusa, difesa e parte civile, ha però ritenuto che le prove presentate in udienza preliminare vadano approfondite nel dibattimento e ha così disposto il rinvio a giudizio dei due imputati.



Una conclusione condivisa dall’avvocato Nicastro: «Nell’aprile del 2008 i figli chiesero e ottennero che al padre fosse affidato un amministratore di sostegno. Un noto avvocato che andò a parlare con Codato - conclude l’avvocato Nicastro - trovandolo confuso e smarrito. Ebbene nei mesi successivi, quando non poteva più né camminare né scrivere a causa del tumore al cervello, ci furono i prelievi, fatti a nome di Codato (nonostante la compagna avesse la delega ad operare sui conti), del milione di euro e le cessioni delle royalties. Non a caso su quelle operazioni, che noi riteniamo artefatte, sono state anche ordinate delle perizie calligrafiche per verificare chi firmò i documenti».
Ultimo aggiornamento: 21 Aprile, 10:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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