Il racconto dell'appassionato di storia: «Così ho ritrovato il resti dell'aereo di Ancillotto»

Martedì 31 Agosto 2021 di Paolo Calia
L’aereo militare dove viaggiavano Ancilotto e il pilota torinese Enrico Fiore
4

LA STORIA

Si trovano su un costone di roccia a duemila metri d’altezza, sulle Alpi Giulie, in Slovenia. Ad occhi inesperti possono sembrare solo vecchi ferri arrugginiti, buttati da chissà chi e chissà quando. Per chi invece sa cosa guardare, quei pezzi di ferro sono quel che resta di un aereo della Prima Guerra Mondiale, un Saml S2 della regia Aeronautica Militare. E non un aereo qualunque, ma quello con a bordo Agostino Ancilotto, eroe dell’aria trevigiano, ricordato con una targa al liceo Canova, sepolto al cimitero di San Lazzaro e pro-zio del conte Ancilotto di Villorba scomparso di recente. Agostino invece, a poco più di vent’anni, morì in un ospedale austriaco per le ferite riportate in un incidente aereo nell’ottobre del 1917. Assieme a lui rimase ferito anche il torinese Enrico Fiore. E oggi un ricercatore trevigiano, Mirko Sernaglia, una laurea in Storia, collaboratore del museo della Grande Guerra di Maserada, capo treno di professione, può dire di aver ritrovato i resti di quell’aereo e il punto esatto dove cadde.

L’INDAGINE

Ci sono voluti quattro anni di ricerche minuziose, centinaia di telefonate, di ore e ore passate negli archivi. Ma anche di indagini degne del miglior investigatore, per ricostruire una storia che ha dell’incredibile. E partita nel modo più inaspettato: da un vecchio braccialetto comprato in un mercatino. «Nell’ottobre 2017, giurerei il 10, - racconta Sernaglia - acquistai un bracciale modello Patria senza sapere a chi appartenesse essendo il cartellino al suo interno rigirato. Tornato a casa l’incredibile sorpresa: il bracciale era appartenuto all’eroe Trevigiano Agostino Ancilotto, cugino del famoso Giannino, sotto la cui lapide commemorativa passavo sempre ai tempi del liceo».

Lo storico trevigiano inizia quindi ad approfondire: «Scoprii così che il conte Ancilotto era precipitato con il suo aereo, pilotato da tale Fiore, il 10 ottobre 1917, esattamente 100 anni prima dell’acquisto del bracciale. Iniziai così, con la collaborazione dello storico dell’Aeronautica Varriale, a spulciare gli archivi scoprendo l’incredibile storia dei due aviatori».

L’INTRIGO

Il destino di Ancilotto svoltò nell’ottobre del 1917: «Al rientro da una licenza concessagli per i suoi 50 voli, decollò in missione con il pilota Enrico Fiore - spiega con passione il ricercatore - a causa del forte maltempo le strumentazioni smisero di funzionare e il giovane pilota si perse con il suo osservatore nelle nubi sopra le Alpi Giulie. Ad un tratto anche il motore iniziò a perdere i giri costringendo il pilota a perdere progressivamente quota per evitare di precipitare da 3000 metri». Con un atterraggio di fortuna l’aereo si fermò su un costone a 2000 metri d’altezza: «Il pilota, catapultato fuori dal velivolo, si trovò con un piede maciullato e un malleolo fuori dalle carni. Nonostante ciò promise al giovane conte, con entrambe le gambe rotte, che avrebbe cercato soccorso per lui. Fiore scese così in 36 ore mille metri di dislivello tra indicibili sofferenze. Trovò così aiuto e una pattuglia di gendarmi austriaci che trovò Ancilotto ancora vivo, dopo 48». I due aviatori vennero soccorsi e portati all’ospedale di Klagenfurt: «Purtroppo nessuno si accorse che il giovane conte aveva sbattuto la testa sulla mitragliatrice brandeggiabile e morì di commozione cerebrale il 18 ottobre nell’ospedale di Klagenfurt. Sepolto poi nel locale cimitero e riportato in Italia nel 1921».

LE RICERCHE

Ricostruita la storia, Sernaglia vuole andare a fondo. E trovare il punto esatto dello schianto. «Decisi di approfondire ulteriormente le ricerche allargandole anche al pilota torinese. Fu così che chiamando uno per uno tutti i Fiore dell’elenco telefonico di Torino incappai con immensa sorpresa in suo nipote. Contestualmente entrai in contatto con i discendenti di Ancilotto che, da subito molto disponibili, mi dissero di aver conservato gelosamente molti oggetti appartenuti all’eroico avo». A quel punto c’era materiale a sufficienza per organizzare una mostra. Ma mancava l’ultimo dettaglio: il luogo. «Volevo recarmi sul luogo dell’incidente per deporre un fiore. Iniziai così a reperire documenti italiani che incrociati a quelli austriaci fornirono la posizione. Il luogo, fuori da ogni sentiero turistico, si trova in una zona remota delle Alpi Giulie slovene». E si arriva a oggi. Il giorno di Ferragosto Sernaglia e un amico esperto di montagna si mettono in cammino per raggiungere il punto dell’incidente: «Avevo anche la timida speranza di ritrovare un qualsiasi frammento di metallo che potesse confermare la storia. Dopo 5 ore di cammino, per la metà fuori sentiero, giungemmo sul posto. Fatta una preghiera e deposto un fiore iniziammo un’attenta ricerca che mi portò dopo pochi minuti a trovare il primo pezzo dell’aereo, con tutta probabilità parte della struttura su cui scorreva l’anello della mitragliatrice di Agostino. In un’ora rinvenimmo numerosi frammenti e sopratutto il carrello dell’aereo». Mirko adesso sogna una mostra a palazzo dei Trecento - «ne ho già parlato col sindaco» - e un libro dove raccontare le vicende dei due piloti: «Una storia che merita». 

Ultimo aggiornamento: 18:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci