Scuola e pandemia, 1.500 studenti hanno abbandonato il Cpia di Treviso

Lunedì 25 Aprile 2022 di Mauro Favaro
Scuola e pandemia, 1.500 studenti hanno abbandonato il Cpia di Treviso

TREVISO - Oltre 1.500 studenti hanno lasciato la scuola durante l'emergenza Covid. Sono quelli che frequentavano il Cpia di Treviso, il centro provinciale che da una parte si occupa dell'istruzione degli adulti ma che dall'altra consente anche ai giovani in difficoltà di portare a termine la scuola dell'obbligo. «Prima dell'epidemia da Covid contavamo più di 3.500 studenti.

Adesso siamo a 2mila spiega la preside Michela Busatto la dispersione scolastica è aumentata a dismisura. Le fasce più deboli sono praticamente scomparse. Stiamo cercando di correre ai ripari. Ma non sarà immediato tornare ai numeri di prima». Non è solo un problema scolastico. C'è anche e soprattutto un nodo sociale davanti a un calo di oltre il 40% degli iscritti nel centro che per molti rappresenta l'ultima possibilità di istruzione. Si rischia che gli studenti che non sono tra i banchi vengano di fatto consegnati alla strada. Con tutto ciò che ne consegue. Il contrasto a fenomeni come quello delle baby gang parte proprio da qui. «L'emergenza Covid ha allontanato molte persone conferma la dirigente una parte delle famiglie immigrate potrebbe essersi trasferite altrove. Ma non ci sono certezze». A breve le iscrizioni al Cpia potrebbero tornare ad aumentare.


LA PREOCCUPAZIONE


Il timore, però, è che non succeda per un ritorno di chi si è allontanato, quanto per l'arrivo di nuovi ragazzi usciti dal percorso tradizionale senza aver assolto l'obbligo scolastico. «Ci auguriamo che non si vada in questa direzione dice Busatto se dovesse servire, comunque, ovviamente siamo qui». Non si tratta di una preoccupazione campata in aria. I risultati degli ultimi test Invalsi, quelli somministrati l'anno scorso, hanno evidenziato che solo il 67% degli studenti delle superiori trevigiane ha raggiunto una preparazione adeguata in italiano e matematica. Cioè l'11,2% in meno rispetto a prima dell'epidemia da Covid. E' stato uno degli effetti della didattica a distanza generale, che da una parte ha permesso di non interrompere le lezioni ma che dall'altra si conferma solo lontana parente delle lezioni in presenza. «Dobbiamo lavorare molto soprattutto sui ragazzi che si sono collocati nella fascia più bassa del test Invalsi, che indica in sostanza la mancanza di competenze minime. Perché questa è l'anticamera della dispersione scolastica avverte Carmela Palumbo, direttore generale dell'ufficio scolastico del Veneto l'attenzione è massima. C'è stata una flessione negli apprendimenti di base in tutta Italia. Ma va detto chiaramente che non è un dato irrecuperabile. La nostra regione, in particolare, ha ancora livelli di apprendimento molto alti». Sul fronte del carcere di Santa Bona, infine, il Cpia non ha ripreso le lezioni dopo la fine delle vacanze di Pasqua.


LEZIONI FERME IN CARCERE


La protesta dei giovani detenuti scoppiata la settimana scorsa ha reso i locali inservibili. L'istituto minorile ha comunicato al centro che le attività didattiche resteranno sospese fino a data da destinarsi. Il corpo docente sta già inviando la sintesi del lavoro svolto nei vari istituti minorili dove sono stati trasferiti i 14 detenuti che frequentavano le lezioni a Santa Bona. «In modo che quanto fatto fino ad ora non vada perduto», specifica la dirigente del Cpia. E nel frattempo i 6 insegnanti che lavoravano in carcere sono stati impiegati nei corsi di italiano organizzati per le persone fuggite dalla guerra in Ucraina. «Abbiamo in programma una ventina di corsi per adulti, sparsi nel territorio, per un totale di 400 persone tira le fila Busatto l'accordo quadro firmato con Prefettura, Caritas, Comuni e Usl si è rivelato fondamentale. Ci consente di operare in modo organizzato. Auspichiamo che ora possa diventare un modello generale per inserire al meglio tutte le persone di diverse nazionalità che arrivano nel territorio e che vogliono imparare l'italiano».

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