VITTORIO VENETO - «Non so come chiamarlo... l’imputato mi ha avvicinato durante il mio primo ricovero, nel 2010. Non ero lucido, non avevo i riflessi pronti, ma mi ha baciato e palpeggiato». È il racconto drammatico che fa uno dei 4 giovani, difesi dall’avvocato Jacopo Stefani e Stefania Vettorel, che sarebbero stati molestati da don Federico De Bianchi, l’ex parroco di S.
IL RACCONTO
«Mi ha toccato sul pene... vicino a quella zona - dice il giovane - era lui, don Federico, lo riconosco. Credo che la ragione per cui si trovava là era che voleva aiutare, poi dopo quello che mi ha fatto non so più a cosa pensare». «Io mi trovavo nel reparto dove c’era anche lui, barcollavo per effetto degli psicofarmaci ma ero in piedi. E lui si è avvicinato a me e mi ha molesto. Era la prima volta che lo vedevo e lui mi ha baciato. Sulla bocca, si è avvicinato senza dire nulla e l’ha fatto. Ho capito che era un prete da come era vestito. Poi ha iniziato a palpeggiarmi, io ero in pigiama, non mi ricordo esattamente se fosse dentro o fuori i pantaloni ma per quello che mi ricordo era sotto. L’ha fatto due volte, la prima ero scioccato, ma non ce l’ho fatta a respingerlo, la seconda invece sì. È avvenuto tutto in pochi attimi, praticamente nello stesso momento. La prima volta è riuscito a baciarmi e a toccarmi, la seconda l’ho spinto via».
Il giovane poi racconta la prima volta che ha fatto parola con qualcuno riguardo quello che è successo. «È stato con mia mamma, ma non ha dato peso a quello che ho detto, forse perché l’ho detto a messa. Poi ne ho parlato con due ragazzi che avevano detto di aver subito la stessa cosa. Ero in comunità, a Villa Delle Rose a Vittorio Veneto, una volta eravamo fuori a fumare una sigaretta parlando del più e del meno ed è uscita la storia». «Poi - insiste - ne ho parlato anche con un infermerie. Ero con altre persone della comunità e ho visto don Federico per strada, ho dato in escandescenze. Mi stavo arrabbiando e lui mi ha chiesto il perché».
I PROSSIMI PASSI
Ieri l’udienza è stata aggiornata a marzo per l’indisponibilità di uno dei testimoni della pubblica accusa, dato che lavora nel Regno Unito e dovrebbe sottoporsi a quarantena una volta rientrato nel nostro paese. Poi, a maggio, sarà la volta dei numerosi testi convocati dalla difesa, rappresentata dagli avvocati Stefano Trubian e Maurizio Paniz. De Bianchi, il “parroco social”, brillante e attivissimo su Facebook dove aveva raggiunto i cinquemila contatti, continua a dirsi innocente e ha voluto affrontare il processo senza la scorciatoia del rito alternativo per proclamare la sua innocenza.