Daniele Furlan, paralizzato a 38 anni dopo un incidente: «Sono nato due volte e non mi fermo mai»

«Non mollo: scrivo libri, gestisco l’azienda vinicola e aiuto la ricerca. Sono fortunato perché ero assicurato e avevo i miei, senza non ce la farei»

Lunedì 12 Giugno 2023 di Edoardo Pittalis
Daniele Furlan

SAN POLO DI PIAVE (TREVISO) - Daniele è nato due volte. Lui le chiama la prima e la seconda vita, così festeggia due compleanni. Dice che forse ha passato la linea: «Per un momento, ho avuto quasi l’impressione di arrivare nell’aldilà, ho toccato il limite massimo nel quale uno può spingersi nella vita terrena». Daniele Furlan, 60 anni, nato in Svizzera a Schaffahusen, figlio di immigrati di San Polo di Piave, ha chiuso la prima vita e aperto la seconda nella sera del 29 ottobre 2001. Aveva 38 anni, era in coda sulla Tangenziale di Mestre, all’uscita di Marcon. «Eravamo in tanti fermi, all’improvviso è arrivato un camion velocissimo, l’autista non ha nemmeno tentato una frenata, mi ha tamponato al massimo della velocità e sono stato sbalzato nell’altra corsia. Il camion ha coinvolto una quindicina di mezzi, c’è stato anche un morto e io sono rimasto tetraplegico».

Quando è tornato a casa?
«Dopo 20 giorni di coma, 3 mesi di terapia intensiva, un anno e mezzo di riabilitazione.

Ho venduto la mia azienda. Ho venduto la vecchia abitazione, ho un appartamento per la badante perché non posso scaricare tutto il peso sulla mia mamma che io chiamo il “primario” tanto è fondamentale. Ho due badanti che si alternano, mantenersi a casa è difficile e costoso, sono fortunato perché posso permettermelo: avevo un’assicurazione sulla vita!».

Oggi Daniele fa tutto dalla sua sedia a rotelle che è un computer attrezzato, parla e detta al video e al telefono, scrive libri, organizza le associazioni per finanziare la ricerca, dirige la sua azienda vinicola, 1.500 bottiglie all’anno vengono donate con un’etichetta particolare “Associazione la Colonna”, un’istituzione che raccoglie fondi.
Lei è nato in Svizzera?
«I miei genitori, Umberto e Graziana, uno muratore e l’altra colf, entrambi di San Polo di Piave (Treviso), andavano e tornavano dalla Svizzera per lavoro. Famiglia contadina, figli di mezzadri che con tanti figli dividevano i campi in fazzoletti. Mamma era rientrata 10 mesi prima che nascessi, quando è stata ricoverata le autorità elvetiche hanno fatto i calcoli della gestazione e stabilito che ero stato concepito in Italia e così i miei hanno dovuto pagare le spese d’ospedale. Hanno appena festeggiato i 60 anni di matrimonio. Avevo un mese quando, per le festività natalizie, i miei sono rientrati in Veneto anche per far conoscere il bambino alle famiglie. Fortunatamente papà ha trovato lavoro e ha preso casa a San Biagio di Callalta, sempre in mezzo ai campi, poi ci siamo trasferiti a Ponte di Piave. La mia è stata un’infanzia bella, eravamo bambini quando ancora si poteva giocare nelle strade a correre per i prati».

Ha iniziato presto a lavorare?
«Io e mia sorella Susanna avevamo da ragazzini un compito che, crescendo, è diventato un lavoro vero. Quando frequentavo le superiori, d’estate facevo la stagione nelle fabbriche metalmeccaniche della zona. Dopo il diploma di ragioniere, ho fatto il militare come carabiniere tra Torino e San Donà di Piave. Finita la leva, una delle aziende dove avevo lavorato mi ha assunto, cercavano un tuttofare, da ragioniere a magazziniere. Dopo un anno mi sono ritrovato consocio nell’azienda ed è iniziata la mia avventura imprenditoriale. Facevamo macchine per l’irrigazione di grande dimensione e giravo il mondo. A 21 anni ero già sposato con Valentina che oggi è corrispondente della Rai dagli Stati Uniti, abbiamo un figlio Alessandro di 38 anni che ci ha reso nonni di Maria. È arrivata dopo cinque anni che aspettavano l’adozione, in pieno Covid quando non si poteva viaggiare: ricevettero una telefonata, la bambina aveva 20 giorni, l’hanno subito portata a casa. Per gli altri è l’anno della pandemia, per noi l’anno di Maria».

Poi quel terribile 29 ottobre…
«Quella sera ero in coda, non ricordo altro. Ti svegli e capisci immediatamente che sei paralizzato dal collo in giù. Avevo un figlio, ma ero già separato, e ho potuto tenerlo grazie alla mia famiglia, senza non sarei qui nemmeno io. Ho dovuto reinventarmi, dovevo essere assistito 24 ore su 24, se devo grattarmi devo chiamare qualcuno. Oggi o hai possibilità economiche o non riesci, la Regione Veneto eroga al massimo fino a 1000 euro al mese, puoi avere 280 euro di invalidità e 600 di accompagnatoria. Il mio è stato fortunatamente un incidente sul lavoro, “fortunatamente” dico e uso proprio questo avverbio: perché per questo l’Inail mi consente di avere come grande invalido un reddito che mi offre anche la copertura sanitaria. Come si può fare altrimenti? Posso farlo anche per l’assicurazione, sempre fortunatamente. Poi c’è l’aspetto psicologico che ha una valenza notevole: dipendi dagli altri. Ma sono un duro, non mollo, ho una cerchia di amici che mi hanno sostenuto nei momenti difficili e con i quali ci troviamo tre volte all’anno e andiamo a mangiare a Noventa, l’oste non presenta mai il conto, va tutto in beneficenza».

Ora si prepara per festeggiare i 60 anni nella sua seconda vita?
«Ho festeggiato i miei 40 anni con 150 persone, così pure i 50 anni. A novembre saranno 60 e mi sto preparando. Una svolta è stata quando ho deciso di scrivere il primo libro “Il mio podere”, l’ho intitolato così perché quando ho iniziato la mia seconda vita ho ritrovato un po’ di sprint nell’ampliare l’azienda agricola di famiglia, abbiamo una decina di ettari di vigneti. Nel libro la prima e la seconda vita si ricongiungono solo nell’ultimo capitolo: avevo paura che il mio passato andasse perso. Con l’incasso di 5000 copie vendute, devoluto alla ricerca, è iniziata la mia attività di volontariato e ho conosciuto “La Colonna, Associazione Lesioni Spinali”, che raccoglie fondi per comprare attrezzature e abbattere barriere architettoniche. L’ha fondata Giancarlo Volpato che ha avuto un incidente durante una partita di rugby nel 1993. A Mirano fanno la “Corsa per Gianca” con 600 partecipanti. Ho scritto anche un altro libro, “Disabilamando” su disabilità e sessualità: ma c’è difficoltà a parlarne in pubblico anche da parte dei disabili, è un tema che molte famiglie non affrontano».

Cosa fate come associazioni di volontariato?
«Sono presidente dell’associazione il Melograno con la quale organizziamo eventi di inclusione sociale. Come il presepio vivente nel quale io faccio uno dei re Magi: partecipano 90 figuranti dei quali 15 disabili. Facciamo anche la Via Crucis vivente e sempre con persone con disabilità. Organizziamo convegni, conferenze, corsi di alfabetizzazione digitale. Sono stato anche consigliere comunale a Ponte di Piave. Ci adoperiamo per un progetto sulla sicurezza stradale, come testimonial nelle scuole della provincia trevigiana. Sono stati scelti 8 istituti nei quali siamo andati a fare lezione a sorpresa: metà delle lesioni spinali è causato da incidenti stradali».

Attorno Daniele ha fotografie di due vite: in divisa di carabiniere, tra i canguri in Australia, tra i filari di vite con il padre, con la nipotina in tutù rosa. Le locandine delle manifestazioni: la prossima è prevista per il 1 luglio a Cessalto, “Le Dive”, canzoni a tempo di swing e solidarietà per l’accoglienza di donne e minori vittime di violenza presso la Residenza Simonetti di Oderzo.
L’ultima paura?
«Ho avuto il Covid, di venti giorni non ho memoria. Ho avuto problemi respiratori, io dormo con un ventilatore altrimenti avrei apnee notturne. Non ho memoria perché il Covid è brutale, la mancanza di respiro ti rende ancora più fragile. Ma si ricomincia sempre, si ritorna sempre al podere».

Ultimo aggiornamento: 07:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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