Travolto dalla ghiaia, la cava di Mosole sotto sequestro: «E' stato un errore, Andrei non doveva stare lì»

Mercoledì 18 Gennaio 2023 di Maria Elena Pattaro
Andrei Perepujnii morto nella cava di Remo Mosole (a sinistra)


SPRESIANO Cava sotto sequestro, inchiesta per omicidio colposo e autopsia sul corpo dell'operaio moldavo travolto lunedì pomeriggio alle Bandie. La Procura di Treviso ha aperto un fascicolo per stabilire se la morte di Andrei Perepujnii, 31 anni, sia stata un tragico incidente, un errore umano o un guasto al nastro trasportatore. Il sostituto procuratore Mara De Donà disporrà un'autopsia sul corpo della vittima per accertare la causa del decesso del 31enne e l'orario della morte. Oltre a una perizia per determinare il funzionamento degli impianti. Il procuratore Marco Martani spiega che, a garanzia e come atto dovuto, nelle prossime ore «saranno iscritti sul registro degli indagati il titolare della Mosole Spa (Remo Mosole, ndr) e il responsabile della sicurezza della cava». La tragedia si è consumata alle Bandie, a Lovadina di Spresiano. «È un fatto grave, il primo incidente sul lavoro nella Marca in questo inizio d'anno» aggiunge Martani.

I carabinieri hanno messo i sigilli al sito estrattivo per eseguire tutti i rilievi del caso: nei prossimi giorni sono previsti ulteriori sopralluoghi sulla cava con l'obiettivo di ricostruire l'esatta dinamica e le cause del tragico incidente.

I NODI
Come è stato possibile che Andrei sia rimasto sepolto sotto un cumulo di ghiaia senza che nessuno se ne sia accorto in tempo per fermare quella cascata di sassi? È la domanda a cui gli inquirenti cercheranno di dare una risposta. Mentre l'esame autoptico aiuterà a sciogliere un altro nodo importante: quanto tempo è passato dalla morte del 31enne al ritrovamento del cadavere? Le ricerche di Andrei sarebbero durate almeno mezz'ora in base a quanto riferito da alcuni testimoni. Alle 17, a fine turno, i colleghi si sono accorti che all'appello mancava Perepujnii. Alle 17.30 scatta l'allarme, con Mosole che avverte i carabinieri: ormai era chiaro a tutti che per Andrei non c'era più nulla da fare. Lo avevano cercato nel cantiere e persino in riva al lago, temendo che fosse scivolato in acqua. Invece era sepolto sotto un cumulo di ghiaia, praticamente in piedi, con le gambe incastrate in una bocchetta del nastro trasportatore. Era rimasto intrappolato e non era riuscito a chiedere aiuto. Così si è consumata la tragedia. Sono stati i vigili del fuoco, arrivati alle Bandie con diverse squadre a estrarre il cadavere. Il medico del Suem 118 non ha potuto fare altro che constatare il decesso.
Secondo le prime ipotesi investigative, il 31enne potrebbe essere stato agganciato dal nastro trasportatore. La successiva colata di ghiaia gli è stata fatale. All'indagine, condotta dai carabinieri e coordinata dal pm De Donà stanno collaborando anche lo Spisal, intervenuto sul posto il pomeriggio della tragedia, e la polizia mineraria, organo provinciale.

LE VERIFICHE
Ieri il portone giallo di accesso al cantiere, affacciato su via Maserada, è rimasto chiuso e anche parte del sentiero che circonda il lago artificiale è stato interdetto con nastro bianco e rosso, così da tenere alla larga giornalisti e curiosi. Gli inquirenti hanno acquisito la documentazione relativa al sito estrattivo e ai protocolli di sicurezza, e le prime testimonianze dei presenti. Colleghi e titolare verranno risentiti nelle prossime ore dagli inquirenti per ricostruire nel dettaglio la dinamica del fatale incidente, i momenti precedenti e anche le successive ricerche. E accertare di conseguenza le responsabilità. Sotto la lente, oltre al macchinario tritasassi, ci sono anche i dispositivi e i protocolli di sicurezza adottati dall'azienda.

LE REAZIONI
 «Andrei non doveva essere là, così a ridosso del macchinario. Il suo compito era controllare che tutto funzionasse senza intoppi e in caso di anomalie doveva avvisare gli altri operai, fermare tutto e chiamare i tecnici. È successo quello che non doveva succedere: una tragedia che ci sconvolge». Remo Mosole non si dà pace. «Noi non abbiamo responsabilità - afferma il re della ghiaia, ancora molto scosso. È stato proprio lui il primo ad accorgersi del corpo sotto la ghiaia -. Andrei era una sorta di guardiano ma si trovava proprio dove non doveva essere. In un'occasione un suo collega lo aveva richiamato vedendo che si avvicinava troppo alle bocchette da cui esce la ghiaia. Gli aveva raccomandato di stare alla larga perché è pericoloso». Dietro l'incidente ci sarebbe dunque un errore umano secondo Mosole, intrecciato a una tragica fatalità. «Non puoi venire agganciato dal nastro trasportatore neanche se ci metti le mani - dice l'imprenditore -. Non riusciamo ancora a spiegarci come sia potuto accadere: l'operaio deve essere scivolato, forse per la pioggia, finendo con un piede dentro la tramoggia ed è stato seppellito sotto la ghiaia». Una cosa impensabile per il patron, che parla con un groppo alla gola e gli occhi lucidi: «Mai avremmo immaginato che potesse accadere una cosa del genere. Le manutenzioni ai macchinari vengono fatte una volta a settimana e a tutti i nostri dipendenti raccomandiamo di fare attenzione. Faccio io stesso il giro dei cantieri, sono qua tutte le mattine a dire Ragazzi non fatevi male, state attenti. Pensate anche alle vostre famiglie. Un infortunio significa famiglie distrutte».

L'INCIDENTE

 È sempre Mosole a ricostruire quei momenti drammatici. «Sono passato a salutare e mi hanno detto che mancava un operaio. Ci siamo messi a cercarlo: all'inizio si temeva che potesse essere caduto nel lago. Ma quando mi hanno detto che una bocchetta del nastro trasportatore ho pensato al peggio e cioè che lui fosse rimasto incastrato lì». La conferma è arrivata qualche minuto dopo, quando Mosole e i dipendenti hanno trovato il corpo sotto la ghiaia. «Era in piedi, con piede e ginocchio nella tramoggia. La ghiaia lo aveva travolto. Abbiamo iniziato a smassarla e abbiamo chiamato il 112». Ma per il 31enne era ormai troppo tardi: sono stati i vigili del fuoco a estrarne il corpo, sotto gli occhi dei colleghi, stravolti.

IL CORDOGLIO
Perepujnii lavorava per il gruppo Mosole da circa due anni: prima in un altro cantiere di Spresiano e dallo scorso febbraio alle Bandie. Anche la moglie, 25enne, aveva trovato lavoro lì, come cameriera all'hotel Thai Si. Così la famigliola aveva accettato la proposta di trasferirsi da Susegana a Spresiano, in uno degli appartamenti del Borghetto, il caseggiato accanto alla cava di proprietà di Mosole. «Alla bambina non faremo mancare niente. Per qualsiasi necessità noi ci siamo. Andrei per me era come un figlio: sono distrutto. Siamo vicini a sua moglie e alla sua bimba, non le lasceremo sole» conclude il patron. 
 

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Ultimo aggiornamento: 11:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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