La malattia e la morte improvvisa: «Io, Manrico e il sogno spezzato: dovevamo sposarci il 4 febbraio»

Mercoledì 31 Gennaio 2024 di Giuliano Pavan
Manrico Marchetto e Anna Chiara Bortolon

TREVISO - «Insieme eravamo sempre felici». Per 23 anni Anna Chiara Bortolon è stata al fianco della leggenda del rugby Manrico Marchetto, morto domenica sera al Ca' Foncello per un male incurabile che lo aveva colpito negli ultimi mesi. Aveva 71 anni, ma per la compagna sembrava ancora un ragazzino. «Era un entusiasta di natura, un'anima pura che non è mai invecchiata - racconta Anna Chiara Bortolon - Dovevamo sposarci il 4 febbraio, giorno del suo compleanno, e mentre era ricoverato in ospedale non ha mai smesso di organizzare sia il matrimonio che il viaggio di nozze. Il nostro obiettivo era quello di andare in Norvegia a vedere l'aurora boreale».

IL PERSONAGGIO
Nelle parole di Anna Chiara Bortolon si avverte tutto l'amore che provava (e prova ancora) per Manrico Marchetto, il cui funerale verrà celebrato domani pomeriggio, 1 febbraio, alle 15.30 nella chiesa di Santa Maria Maddalena (oggi dalle 8.30 alle 18 e domani dalle 8.30 alle 15.15 sarà possibile portargli un saluto nella saletta dedicata della Casa Funeraria Cof di Treviso). «Ci eravamo trovati - afferma la compagna - e avevamo tante passioni in comune. I viaggi in primis: a novembre dovevamo andare in Kenya ma purtroppo abbiamo dovuto rinunciare. E poi l'amore per l'Umbria. Io sono umbra, e ogni volta che ne avevamo la possibilità "scappavamo" nella nostra casa sul lago Trasimeno. Era il nostro rifugio». Bioarchitetto di professione, dopo aver lasciato il rugby giocato, Marchetto aveva progettato una lunga serie di edifici, non solo in Italia.

Proprio in Kenya, dove aveva vissuto per tre anni, era riuscito a costruire decine e decine di case. «Quel Paese è sempre rimasto nel suo cuore - continua Anna Chiara - Era stato proprio colpito da quello che tutti chiamano "Mal d'Africa", e lo capisco bene. Era tutto pronto per tornarci assieme, ma non abbiamo fatto a tempo». E poi un altro ricordo tenero: «Uno dei più bei pregi di Manrico era quello di dare fiducia e avere fiducia nelle persone. Per questa sua caratteristica a volte si è preso anche delle batoste, ma non ha mai smesso di continuare a stare vicino alle gente. Aveva un cuore grande, anche quando giocava a rugby».

L'ATLETA
Manrico Marchetto comincia a muovere i primi passi nel mondo del rugby nel quartiere di San Giuseppe grazie a Natalino Cadamuro, fondatore della Tarvisium, che lo portò poi a far parte della primissima formazione del minirugby delle Magliette Rosse. Dopo la breve parentesi con la Tarvisium passò alla Metalcrom con cui esordì in A1 ancora giovanissimo e nel 1978 fu uno dei maggiori artefici dello scudetto, il secondo nella storia di un club trevigiano, siglando 41 mete, record tutt'ora imbattuto nella storia del massimo campionato. L'anno successivo la Metalcrom diventa Benetton, squadra in cui Marchetto resta uno dei leader, continuando a segnare a raffica e arrivando a vincere anche lo scudetto nel 1983, il primo di una lunga serie per la squadra biancoverde. Marchetto in tutto ha giocato 262 partite, marcando 1103 punti e 209 mete, sempre con la stessa squadra, di cui è diventato una leggenda. Lo scorso anno, grazie alle sue 105 presenze in biancoverde, è stato inserito dal Benetton Rugby nel "Club 100", riservato ai giocatori con più di 100 presenze in biancoverde ed è stato premiato con uno speciale "Cap" dal presidente Amerino Zatta. Marchetto è stato anche un'icona della Nazionale, collezionando 42 presenze e 21 mete (terzo assoluto nella storia dell'Italia).
 

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