Laura Efrikian, il nuovo libro e le radici armene: «Amo tornare nella mia città del cuore»

Giovedì 24 Marzo 2022 di Michele Miriade
Laura Ephrikian a Treviso con il nuovo libro che racconta le radici armene

TREVISO - Nata al quartiere di Fiera, alle porte di Treviso, Laura Ephrikian (nota come Efrikian), attrice di teatro, cinema, televisione, pittrice, scrittrice e, prima ancora, annunciatrice del piccolo schermo, non dimentica mai le sue origini trevigiane. Gli anni della sua giovinezza, i suoi avi armeni. E quando può, lei che abita a Roma, e trascorre lunghi periodi in Kenya, ritorna a Treviso dove abita il fratello Gianni, musicista, compositore e direttore d’orchestra come papà Angelo. Ma questa volta sarà il 24 marzo in città per presentare il suo nuovo libro, Laura Ephrikian una famiglia armena” (Spazio cultura edizioni, 156 pagine), in programma alle 18, a Palazzo Rinaldi.

A Treviso ha lasciato i suoi ricordi giovanili e gli studi al liceo classico “Canova” fino a quando, a 17 anni (ora ne ha 81 portati più che bene), iniziò il percorso artistico al “Piccolo Teatro” a Milano. Erano i tempi in cui in città arrivava Gianni Morandi, suo “moroso”, diventato poi marito (1966 al ‘79 con la nascita dei figli Marianna e Marco). E a Fiera, in via Amalteo dove abitava e dove si respirava musica e arte a 360 gradi, c’era la curiosità della gente e dei suoi compagni di scuola.

Come è nata l’idea del libro?

«Nasce nella mia testa una quindicina e più anni fa, leggendo le lettere del nonno armeno diventato italiano dopo la guerra, mentre papà era nato in Italia. Il legame con gli armeni da bambina era quello del nonno che mi chiamava Gaianè. Con quel nome gentile mi faceva entrare nel suo mondo segreto, che più tardi avrei tanto amato e che mi avrebbe fatto sentire, in buona parte, armena e ricordare il genocidio di chi decise che l’Armenia doveva sparire».

Le radici armene?

«Con gli armeni mi ci vedo, mi sento come loro, una roccia difficile da scalfire. L’unica cosa che mi dispiaceva, a scuola, era la difficoltà della pronuncia del mio cognome, andò meglio al liceo e benissimo a Milano, dove papà ero conosciutissimo ed apprezzato come direttore d’orchestra e compositore. Ma poi quando mi trasferii a Roma si verificò nuovamente il dilemma e Vittorio De Sica mi suggerì di togliere il “ph” sostituendolo con la “f”. Fu tutto facile ma ora sono ritornata al mio cognome originale».

Bello tornare a Treviso?

«Significa ricordare l’infanzia, i bellissimi anni soprattutto dopo i 15, quando non si era più una ragazzina, i tempi del Canova, i tanti amici e qualcuno ritrovato in Svizzera. Poi sono contenta ovviamente che Treviso si ricordi di me e poter presentare il libro a palazzo Rinaldi. E in tema di libri come non ricordare la libreria Zoppelli in Calmaggiore, quanta malinconia il fatto che non ci sia, un vuoto per il cuore della città».

Altri ricordi?

«Poter degustare il prosecco, lo spritz e il radicchio. Cose difficili da trovare a Roma, ma io a casa, memore di come faceva il nonno, mi bevo con calice di vino ed inzuppo un pezzo di pane come aperitivo. Mi dicono che sono strana ma quei ricordi indelebili sono rimasti in me, come la polenta che non trovo in nessuna città come quella che mangiavo a Treviso e che adesso mi voglio degustare».

Roma, Bologna (dove abita la figlia) e come non ricordare il Kenya?

«Giro molto nonostante l’età e i figli mi dicono che sono strana. In Kenya ci vado da oltre 20 anni, il volontariato è dentro di me, con il ricavato dei quadri che dipingo aiuto direttamente bambini e famiglie; sono fatta così e a 81 anni sono orgogliosa di questo». Come il libro ricco di ricordi della sua vita incastonati nella memoria.

Ultimo aggiornamento: 16:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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