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Possagno. «Facebook censura i nudi del Canova». E il museo fa causa

Nordest > Treviso
Lunedì 23 Settembre 2019 di Elena Filini
Possagno. «Facebook censura i nudi del Canova». E il museo fa causa. Sgarbi: «Algoritmo capra»
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POSSAGNO (TREVISO) - «Se l'algoritmo è così capra da non distinguere tra pornografia e arte, il museo di Canova cosa deve fare? Chiudere bottega? Rivestire le statue? Siamo seri. Stiamo avendo troppi danni d'immagine da Facebook e Instagram: ora portiamo anche noi Zuckerberg in Tribunale». Censurategli tutto ma non la Gypsotheca. Vittorio Sgarbi, da alcuni mesi presidente della Fondazione Canova, di fronte alle continue azioni di oscurantismo delle piattaforme social e alle maldestre giustificazioni del customer service ha chiamato a raccolta i suoi legali. «Troppi disagi, in pratica non possiamo fare web marketing e aumentare i nostri followers. Quindi, in pieno accordo con il sindaco di Possagno Valerio Favero, abbiamo deciso di portare Facebook e Instagram in Tribunale e chiedere un risarcimento danni». La decisione congiunta di Fondazione e Comune arriva dopo che da  più di un mese il Museo riceve la notifica che l'hashtag #antoniocanova è stato segnalato come inappropriato. «Non è una novità - conferma Laura Casarsa, responsabile della comunicazione alla Gipsoteca - visto che su Facebook, da un anno ormai, non ci è possibile sponsorizzare eventi dove in copertina ci siano le sculture conservate in Gypsotheca perché definite di natura molto sensibile. Questo per noi rappresenta un problema perché il miglior modo di far conoscere la bellezza delle opere di Canova è proprio promuovere l'immagine dell'ala ottocentesca della Gypsotheca, scrigno di bellezza assoluta».

ERA GIÀ SUCCESSO
Che cosa comporta nel concreto questa censura? Al momento è possibile ricercare su instagram l'hashtag #antoniocanova. Appariranno però soltanto i post più popolari, mentre i più recenti non appaiono proprio, appunto perché censurati. Quindi se domani il Museo di Possagno postasse una foto con Le Grazie di Antonio Canova, questa non apparirebbe nella ricerca, verrebbe oscurata dall'inspiegabile algoritmo di Instagram. Questo non avviene ad esempio per #leonardodavinci #caravaggio o #michelangelo. «Siamo veramente amareggiati non solo perché non possiamo utilizzare appieno il potenziale di questi mezzi digitali, che ci permetterebbero di comunicare la bellezza unica dell'arte di Canova e del nostro Museo ad un pubblico ampio, internazionale, giovane, ma in termini più vasti la questione pone delle domande sulla limitazione della diffusione del nostro patrimonio culturale su queste piattaforme. Com'è possibile che un algoritmo non permetta di sponsorizzare un'immagine della splendida gypsotheca canoviana di Possagno?» si chiede Casarsa. Per questo motivo il celebre critico d'arte ha deciso di optare per le vie legali seguendo l'esempio di Frédéric Durand, professore francese che trascinò in Tribunale i social nel 2011 per aver cancellato il suo profilo a causa della riproduzione del celebre quadro di Coubert, l'Origine del Mondo. Durand accusò l'azienda anche di aver disattivato il suo account nel febbraio 2011 senza alcun preavviso né giustificazione e di aver più volte richiesto invano la riattivazione perdendo tutti i dati personali contenuti. Il tribunale francese diede ragione a Durand ma non condannò Facebook al risarcimento perché Zuckerberg attuò un cambio di strategia chiarendo che il nudo d'arte è accettato dalla piattaforma.

Che le cose siano nel concreto andate diversamente l'ha dimostrato lo scorso anno Marco Goldin che ha attaccato il social network per aver censurato l'immagine di una scultura di Rodin, una versione del Bacio. «Non può essere il nostro museo a dover patire l'oscurantismo ottuso di un algoritmo - conferma il sindaco Valerio Favero - Facebook ha censurato l'immagine delle Tre Grazie, icona della sala e ostacola la promozione internazionale delle nostre collezioni. Fosse per la piattaforma i gessi più celebri del Neoclassicismo non dovrebbero neppure essere esposti. E fin qui parliamo dell'algoritmo. La cosa più fastidiosa è che il customer service di Facebook (quindi una persona reale) ci ha risposto dicendo di capire perfettamente la situazione, ma che non è possibile intervenire perché appunto si tratta di un algoritmo, una macchina, sulla quale il cervello di un singolo nulla può. Abbiamo quindi scritto al customer service di Instagram, segnalando la problematica, ma questa volta nessuno ci ha dato risposta». Il sindaco di Possagno e il celebre critico d'arte hanno quindi deciso di fare sul serio. «Chiediamo di poter usare i social esattamente come gli altri musei» conclude Favero. Mentre Sgarbi sibillino dice: «La censura eccita: detto questo, se non si è in grado di fare una distinzione tra il nudo di Canova e quello di youporn è giusto andare fino in fondo».
Elena Filini Ultimo aggiornamento: 24 Settembre, 12:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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