TREVISO - Non avevano pagato due mesi d'affitto perchè entrambi avevano perso il lavoro. Dopo aver ricevuto messaggi poco amichevoli per saldare i debiti, si sono ritrovati i loro 3 cani uccisi dopo aver ingoiato salsicce avvelenate. Per questo è finita a processo, la proprietaria dell'appartamento di Cordignano (Treviso) in cui viveva la coppia, lui 35 anni e lei 29.
A incastrare l'imputata (almeno questo quanto sostiene l'accusa) sarebbe stata proprio la donna la quale ha sostenuto in aula, di fronte al giudice Leonardo Bianco, che quella sera mentre stava tornando a casa per cena avrebbe visto la padrona dell'appartamento, una 58enne di origini salernitane, tirare delle "palline" nel giardino dell'abitazione prima di salire in auto e andarsene.
In seguito il veterinario di Conegliano constatò che Puppy, meticcio di piccola taglia di 4 anni, Bubu, pitbull tigrato di 2, e Tommy, altro meticcio di 12 mesi, erano morti per avvelenamento. Il giorno successivo, in giardino, vennero trovate le salsicce, che la coppia fece analizzare: erano contaminate e sono state la causa della morte degli animali. L'imputata, che per il reato contestato rischia fino a 18 mesi, respinge le accuse e sostiene, con tanto di testimoni, che quella sera si trovava a Napoli. Versione confermata anche dalla figlia della donna e da un nipote, entrambi sentiti in aula.
Ultimo aggiornamento: 19:35
A incastrare l'imputata (almeno questo quanto sostiene l'accusa) sarebbe stata proprio la donna la quale ha sostenuto in aula, di fronte al giudice Leonardo Bianco, che quella sera mentre stava tornando a casa per cena avrebbe visto la padrona dell'appartamento, una 58enne di origini salernitane, tirare delle "palline" nel giardino dell'abitazione prima di salire in auto e andarsene.
In seguito il veterinario di Conegliano constatò che Puppy, meticcio di piccola taglia di 4 anni, Bubu, pitbull tigrato di 2, e Tommy, altro meticcio di 12 mesi, erano morti per avvelenamento. Il giorno successivo, in giardino, vennero trovate le salsicce, che la coppia fece analizzare: erano contaminate e sono state la causa della morte degli animali. L'imputata, che per il reato contestato rischia fino a 18 mesi, respinge le accuse e sostiene, con tanto di testimoni, che quella sera si trovava a Napoli. Versione confermata anche dalla figlia della donna e da un nipote, entrambi sentiti in aula.
