Un terzo dei polesani vive con meno di diecimila euro

Domenica 5 Maggio 2019 di Francesco Campi
Per molti la vita è ogni giorno una grande difficoltà
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ROVIGO - In Polesine ci sono 50.828 persone con redditi inferiori a 10mila euro l’anno e 692 che superano i 120mila euro. Al netto della veridicità delle dichiarazioni dei redditi, visto che la fonte sono i numeri appena diffusi dal Dipartimento delle Finanze relativi all’anno d’imposta 2017, quindi facendo una “tara” di evasori e furbetti, il dato macroscopico dello squilibrio reddituale in provincia emerge in tutta la sua forza, visto che il totale dei contribuenti è 181.141 e che quasi un terzo non arriva a 10mila euro.
 
Non è un caso che le domande presentate per ottenere il reddito di cittadinanza in Polesine siano state 2.654, quasi una ogni 90 abitanti, mentre Belluno, una provincia che ha caratteristiche simmetriche rispetto al Polesine, si è fermato a 961, una ogni 211 abitanti. A Padova, 7.293 domande in tutto, sono state una ogni 128 abitanti, a Treviso le 5.251 domande sono state una ogni 169 abitanti, a Venezia, con 6.812 domande totali, una ogni 125, a Verona, 7.254 in totale, una ogni 127 residenti, a Vicenza, 5.676 totali, una ogni 152 abitanti.
Anche dalle dichiarazioni dei redditi emerge lo squilibrio fra Rovigo e le altre province. Il problema della bassa redistribuzione del reddito, tuttavia, non è certo una prerogativa polesana. E le amministrazioni locali hanno ben pochi strumenti d’intervento. Possono fare qualcosa? Secondo la Cisl, sì: «Di fronte a un progressivo impoverimento della popolazione - sottolinea Francesca Pizzo, componente della segreteria Cisl di Padova e Rovigo a margine di uno studio presentato qualche mese fa - riteniamo indispensabile che le amministrazioni comunali riconsiderino l’opportunità di applicare la progressività della tassazione locale. Come sindacato, nell’ambito della contrattazione sociale stiamo lavorando unitariamente. Ai Comuni che non hanno esenzione, proponiamo di valutare la necessità di prevedere una soglia, superiore a quella minima, e possibilmente una progressività che determini maggiore equità nella pressione fiscale».
In sostanza, la flat-Irpef non viene ritenuta equa. Nello studio Cisl su “Popolazione, redditi e tassazione comunale”, si sottolinea come «nessuno dei Comuni dell’area di Rovigo ha scelto di applicare una scala di aliquote progressive per l’Irpef comunale»: Rovigo, Costa, Fiesso, Frassinelle, Guarda, Occhiobello, Pincara, Polesella, Pontecchio, San Martino di Venezze, Stienta, Villadose e Villanova Marchesana, hanno optato per l’aliquota unica massima, allo 0,8%. Guarda, Occhiobello, Polesella, Pontecchio, Stienta e Villanova Marchesana anche senza alcuna franchigia. Per gli altri la franchigia varia da un tetto minimo di ottomila a un massimo di 12mila euro. Aliquota fissa allo 0,7% per Arquà, Canaro, Villamarzana e Gavello, quest’ultimo senza franchigia, gli altri con franchigie che variano da 7.500 a 10mila euro. Aliquota allo 0,6% (con franchigia sotto gli ottomila) per Bosaro, Ceregnano (sotto i 10mila) e Crespino, senza franchigia. In Alto Polesine, sempre secondo i dati Cisl, aliquota massima a Badia, Calto, Castelguglielmo, Castelnovo Bariano, Lendinara, Lusia e Salara, senza franchigia, e Gaiba, Castelmassa, Villanova del Ghebbo, Canda, Fratta Polesine, San Bellino, Trecenta e Bergantino, con franchigie che vanno dai 12.500 euro del primo ai seimila dell’ultimo. Ceneselli è l’unico Comune polesano che ha scelto di applicare una scala di aliquote progressiva, con franchigia sotto i 12mila euro. Aliquota allo 0,7% senza franchigia per Bagnolo di Po, Giacciano con Baruchella e Melara e allo 0,5% per Ficarolo. Aliquota fissa per tutti i Comuni bassopolesani, a cominciare dallo 0,8% di Adria e di Loreo, Papozze, Pettorazza, Porto Viro e Taglio di Po. L’aliquota scende allo 0,7% ad Ariano, allo 0,65% a Corbola (con franchigia sotto gli 8mila euro), allo 0,5% a Rosolina e allo 0,4% di Porto Tolle.
Ultimo aggiornamento: 6 Maggio, 08:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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