Manuel Agnelli incanta “Voci per la libertà”: pienone per la consegna del premio ​Amnesty International

Lunedì 24 Luglio 2023 di Marcello Bardini
Premiazione di Manuel Agnelli. Consegna del premio a Manuel Agnelli.

ROVIGO - Sala della Gran Guardia gremita a Rovigo per la consegna a Manuel Agnelli del Premio Amnesty International Italia Sezione Big, per “Severodonetsk”. Il brano è tratto da “Ama il prossimo tuo come te stesso”, primo album solista del cantante, noto in primis per la più che trentennale carriera negli Afterhours (e, in tempi più recenti, come giudice di un noto talent televisivo).

Il titolo della canzone vincitrice fa riferimento alla città nell’est dell’Ucraina occupata dalle forze d’invasione russa dal maggio dell’anno scorso. Un brano in cui il cantante e autore interpreta con partecipazione umana, con timbri musicalmente profondi e corrosivi, senza didascalismi, un uomo dal futuro spezzato: un uomo che quando vede “alla televisione parlare della guerra” sa che si parla della sua realtà: “la calma io l’ho vista, non respira più”. 


I SALUTI 
Alla premiazione, dopo i saluti del direttore artistico di Voci Per la Libertà, Michele Lionello, il sindaco Edoardo Gaffeo, visibilmente emozionato, si è complimentato con l’intera organizzazione: «Un orgoglio essere partner di una scommessa così: associare a un festival, dalla storia pluridecennale, un’intera settimana di eventi sui diritti umani, che ha sempre registrato il pienone». Sono arrivati poi i complimenti per la canzone di Agnelli: «Ci sono molti modi di raccontare la guerra, ma nella musica italiana essa è stata spesso vista solo con gli occhi dei protagonisti: chi non vuole sparare come il Piero di De André, o il generale che torna a casa di De Gregori. Il punto di vista della canzone di Agnelli, invece, riguarda chi non è protagonista». 


OSPITE D’ONORE 
Il cantautore ha quindi spiegato subito che l’ispirazione sarebbe arrivata guardando i servizi giornalistici: «La domanda più cattiva che si possa rivolgere a chi vive in un paese dilaniato dalla guerra è “Perché non lasci il tuo paese?”. Una guerra non può essere raccontata in modo cinico, dalla geopolitica e dai bollettini con il numero dei morti. Mi sono calato quindi nei panni di una persona travolta da una cosa più grande, che si mette emotivamente in standby per poterne uscirne». 
La moderatrice Francesca Corbo ha quindi chiesto ad Agnelli se l’arte possa arrivare in modo più diretto rispetto ai “freddi dati”: «Oggi se un cantante si esprime su certi argomenti, viene rimproverato. Anzi, la cultura, dalla maggior parte dei governi occidentali, è messa come un bene di lusso, lontano dalle persone. Di recente sono stato invitato da papa Francesco con altri 200 artisti. Il pontefice ha sottolineato che l’arte non migliora solo la nostra parte spirituale, ma forma proprio il nostro corpo». 
Inevitabile confrontarsi quindi sulla “qualità” di ciò che la musica propone oggi: «Purtroppo oggi solo chi fa numeri grandi conta qualcosa. Questa è la parte sbagliata del capitalismo. Chi ha qualcosa di profondo da dire è spesso dimenticato. Va detto che, appena esprimiamo la nostra opinione, specie online, siamo sommersi dall’odio. Non è casuale: serve a spaventarci, a farci passare la voglia di essere critici. E infatti le ultime generazioni sono menefreghiste su tante cose». Il cantante ha ricordato anche cosa abbia significato la musica per lui: «Da ragazzo, era qualcosa che mi faceva confessare cose di cui mi vergognavo. Nella vita quotidiana non possiamo permetterci certi comportamenti, ma sul palco tutto è concesso. Lo considero un privilegio». 
A proposito di ricordi, Agnelli ne offre uno toccante dei propri genitori: «Persone che hanno sempre aperto la propria casa a chi aveva dei problemi, prima di dirigere addirittura un centro di prima accoglienza a Magenta, in cui offrivano alloggio a profughi da ogni parte del mondo, ingegnandosi anche per trovare loro un lavoro. Voglio sottolineare che io mi considero di sinistra, ma i miei genitori erano persone di destra. La politica, infatti, non c’entra nulla: il bene per gli altri ci deve coinvolgere tutti». Riguardo al passato, Agnelli ha anche un rimpianto per quella voglia di “farsi da sé” che oggi sembra scomparsa: «Quando ho capito che non mi davano ciò che volevo, io mi sono creato la mia casa discografica. Purtroppo i ragazzi di oggi tendono ad aspettare che gli altri risolvano loro i problemi».

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