Renzo uccide la moglie e poi si impicca: «La paura del Covid e l'isolamento hanno portato mio zio nell'abisso»

Venerdì 7 Gennaio 2022 di Francesco Campi
Renzo Cavazza e Guglielmina Pasetto

ROVIGO - Renzo amava Guglielmina, le aveva dedicato tutta l’ultima parte della sua vita. Per anni l’ha assistita con amore, dopo che un ictus l’aveva lasciata parzialmente paralizzata. Poi, negli ultimi mesi, la paura del virus e di un vaccino fatto con mille riserve, lo hanno fatto sprofondare in uno stato di ansia e depressione. Arrivato al culmine nella notte dell’Epifania, quando avrebbe prima soffocato la moglie con un cuscino, poi si sarebbe a sua volto tolto la vita impiccandosi. La duplice morte di Guglielmina Pasetto, detta Delfina, 71 anni, e Renzo Cavazza, 76 anni, è stata scoperta attorno alle 13 di ieri, quando i vigili del fuoco hanno aperto la porta del loro appartamento, in viale Porta Po, fra corso del Popolo e ponte del Bassanello, al civico 7D.
Il nipote Matteo Pasetto, uno dei figli del fratello di lei, spiega con dolore che «lo zio non manifestava il suo disagio, ma la paura del virus, l’isolamento, anche il vaccino, per il quale aveva forti timori, ma che aveva poi fatto vedendo però i propri dubbi aumentare anziché diminuire, lo avevano fatto sprofondare in uno stato depressivo al punto che eravamo riusciti a convincerlo a farsi visitare da uno specialista dal quale sarebbe dovuto tornare il 17 gennaio prossimo».

EFFETTI DELLA PANDEMIA
Un aspetto al quale è stata dedicata poca visibilità, è il fenomeno diffuso, ma sotterraneo, del disagio psicologico provocato dalla pandemia negli anziani, lo “stress emotivo” frutto di un’emergenza che non sembra avere fine e che ha stravolto vite e abitudini, provocando isolamenti e paure. La dottoressa Paola Formaglio, psicologa e psicoterapeuta, fondatrice e titolare dello Studio Akoè e referente del Servizio per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili della diocesi di Adria e Rovigo, evidenzia come «c’è un acuirsi delle forme depressive e di stati di ansia dovuti all’incertezza del momento che stiamo vivendo in soggetti anziani: il Covid ha reso instabile il conforto relazionale che generalmente nell’età avanzata si trova nel rapporto con i familiari. Parenti e persone care temono per i propri nonni e come gesto di attenzione, si distanziano da loro. Questo se da una parte li mette al riparo dal contagio, dall’altra li espone a situazioni di isolamento proprio in una fase della loro vita nella quale avrebbero bisogno di potersi raccontare, di attenzioni, del calore familiare. L’acuirsi della solitudine, unita alla paura del virus, amplificata dalla risonanza mediatica, possono creare instabilità e timori e in alcuni casi, sfociare in ansia e depressione. Purtroppo questo si registra anche qui da noi, dove abbiamo una popolazione con un’età media molto elevata».

IL RISCHIO LONTANANZA
Senza direttamente riferirsi al caso Renzo e Guglielmina, dietro al quale c’è un percorso insondabile, ci sono due vite che si sono interrotte in una spirale di sofferenza, con un gesto arduo da elaborare anche per i familiari, impossibile da capire esternamente e quindi, da raccontare come notizia, la dottoressa Formaglio evidenzia come «ci sono tanti aspetti legati agli effetti indiretti della pandemia che hanno conseguenze pesanti per i nostri anziani, dalla paura a uscire di casa che mi è stata raccontata da più di una persona venuta nel mio studio, fino al caso di chi aveva superato momenti e tempi più duri trovando serenità ed equilibrio della maturità, anche grazie agli affetti e che all’improvviso, vedono tutto sfuggire di mano. Non dimentichiamo che è il terzo inverno di pandemia e per chi è avanti con gli anni, questo assume maggior peso, anche perché non si intravede la fine della situazione di emergenza. In qualche caso, poi, questa situazione va ad attivare ricordi di vecchie esperienze traumatiche, perché le reazioni emotive spesso sono collegate non al presente, ma al passato, anche innescando stati di angoscia».
Per questo arriva una sorta di raccomandazione: «La giusta cortina di protezione dal virus non diventi una cesura, ma sia accompagnata da attenzioni, telefonate e presenza, perché spesso negli anziani la sofferenza è vissuta come un tabù e si tende a nascondere».
 

Ultimo aggiornamento: 8 Gennaio, 10:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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