Granchio blu, niente stato d'emergenza: mancano le condizioni per ottenere il riconoscimento della calamità

Mercoledì 11 Ottobre 2023 di Anna Nani
Granchio blu

PORTO VIRO -  Intervenire in maniera multidisciplinare, ossia agendo su più fronti per contenerlo e magari trasformarlo in un'effettiva risorsa. È quanto rimane il giorno dopo il convegno promosso da Pescagri Cia Veneto nell'apposita sala del Parco del Delta del Po in piazza Matteotti a Porto Viro per discutere la questione "granchio blu" che da inizio estate attanaglia il Delta del Po e che sta mandando al collasso il comparto principe dell'economia dell'Alto Adriatico: la molluschicoltura.

Sul tema dell'emergenza nazionale come risposta all'intero comparto ha quindi insistito Giuseppe Cherubini, dirigente del settore pesca della Regione: «Sarebbe importante per mettere in atto una serie di misure che con la legislazione ordinaria non riusciamo ad attuare. Adesso abbiamo a disposizione anche i fondi Feampa, bisogna mettere a punto gli elementi che servono alle imprese».

IL MIRAGGIO
Stato d'emergenza che rimane un miraggio dato che sembrerebbero mancare le condizioni necessarie per ottenere lo stato di calamità naturale. A confermarlo è stato il dottor Francesco Saverio Abate, direttore del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste che ha seguito il consesso in collegamento da Roma. «Siamo consapevoli che si tratti di una battaglia difficile che va combattuta su più fronti ha detto il dirigente -. La condizione di emergenza viene concessa dalla Protezione civile che non ha ravveduto che ci fossero gli estremi».

LE SOLUZIONI


A fronte di questo pero secondo i vari tecnici ci sarebbero comunque svariate soluzioni da poter mettere in campo per imparare a convivere con il granchio blu. Ad esempio sulla questione dello smaltimento del granchio in eccesso come sottoprodotto di categoria da parte del Consorzio pescatori del Polesine è intervenuto Paolo Ardizio, veterinario specializzato in mondo acquatico che ha proposto una soluzione per gli oltre 4.700 quintali di crostaceo smaltito con una spesa superiore ai 500mila euro. «Stiamo parlando di qualcosa che potrebbe dare del danaro ha rilevato -. È una proteina ittica che potrebbe essere destinata al pet-food, ossia per l'alimentazione di cani e gatti, nessuno ha mai pensato di interpellare queste aziende? La pesca è senz'altro la terapia d'urto in questi casi, ma mi rivolgo a chi può legiferare: indirizzate le risorse economiche in maniera coerente perché ogni specie nuova ha un ciclo di insediamento, espansione e declino. È necessario avviare un osservatorio costante».
Sulla stessa linea anche il capitano Paolo Pignalosa, esperto che si è occupato della salvaguardia del tonno rosso e del pesce spada, accanto alla concertazione di un tavolo di emergenza per attivare un progetto costruttivo da attuare nel medio lungo periodo, ha proposto un grande studio del granchio blu per capirne l'etologia che culmini in un confronto con competenti per settore che riguardano l'industria dell'alimentazione, della concimazione, la farmaceutica, la cosmesi, il tessile e pure il trattamento di acque reflue.
 

Ultimo aggiornamento: 14:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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