"Frontiera" sull’Adige, controlli a campione su chi entra ed esce dal Polesine

Martedì 10 Marzo 2020 di Francesco Campi Roberta Merlin
Il ponte sull'Adige a Boara presidiato dalle forze dell'ordine

ROVIGO - Un ponte che unisce, ora separa. L’Adige è ora uno dei confini “rossi” più simbolici dell’epidemia che sta sfiorando anche il Polesine. Da ieri il ponte di Boara, lungo la Statale 16 è una “frontiera” per chi proviene dalla nuova zona arancione, secondo le limitazioni imposte dal Decreto del presidente del Consiglio dell’8 marzo. Anche se non divieti assoluti, come era per le aree rosse di Vo’ e Codogno. Ieri mattina il passaggio era ancora “aperto”, solo nel primo pomeriggio all’altezza del ponte è apparsa una pattuglia della Polizia locale.
PALAZZO NODARI
«Non ci sarà alcun blocco del flusso veicolare – spiega il sindaco di Rovigo Edoardo Gaffeo - saranno però effettuati controlli sulle motivazioni con le quali gli automobilisti si accingono ad attraversare il ponte, che in questo caso, rappresenta il confine con l’area arancione». «Ci stiamo impegnando per far rispettare il decreto a tutti i nostri cittadini che frequentano il Polesine - spiega il vicesindaco di Boara Pisani Andrea Gastaldello - Siamo d’accordo con i controlli che verranno effettuati dalle Forze dell’Ordine sul ponte, a patto che siano eseguiti con buonsenso ed equilibrio e non si faccia la solita caccia al lupo».
COMUNITÀ UNITE
Dal punto di vista dei servizi infatti, il paese padovano a ridosso del ponte ha da sempre come punto di riferimento il capoluogo polesano. Non a caso rientra fra i Comuni dell’Ulss 5. Ieri pomeriggio si è appositamente riunito il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, come previsto dalla circolare del ministero dell’Interno, per l’assunzione delle necessarie misure di coordinamento. Solo dopo la seduta è ufficialmente scattato il dispositivo: quelli avvenuti prima erano stati controlli di natura “spontanea”. «Non ci saranno posti di blocco, ma controlli nei punti di passaggio fra le province – ha spiegato il prefetto Maddalena De Luca – la ratio è quella di evitare spostamenti non necessari. Sono quindi consentiti gli spostamenti per attività lavorative, limitati al solo tragitto fra il proprio domicilio e il luogo di lavoro, quelli per motivi di natura sanitaria e quelli per comprovati motivi di necessità, come l’assistenza di genitori anziani soli. Analoghi controlli verranno fatti sulle tratte autostradali dalla Polizia stradale e nelle stazioni dalla Polizia ferroviaria. Non importa avere un’autocertificazione già compilata, perché l’apposito modulo è in dotazione alle forze dell’ordine».
AUTOCERTIFICAZIONE
Il questore Raffaele Cavallo rimarca che «la sottoscrizione dell’autocertificazione comporta un’assunzione di responsabilità. Saranno fatti dei controlli ed eventualmente scatteranno le sanzioni previste dall’articolo 650 del Codice penale per inosservanza di un provvedimento dell’autorità». Che prevede l’arresto fino a 3 mesi o 206 euro di ammenda. «Il divieto è assoluto per chi è sottoposto alla quarantena», rimarca il questore. E, in questo caso, spiega il comandante provinciale dei carabinieri Antonio Rizzi, «si può configurare anche il reato previsto dall’articolo 452 del Codice penale, delitti colposi contro la salute pubblica». Con la pena che può arrivare fino a 3 anni di carcere.
LOCALI E NEGOZI
La polizia locale avrà poi il compito di verificare il rispetto delle prescrizioni imposte a locali e negozi: «Mi aspetto la collaborazione di tutti – aggiunge il prefetto - non si tratta di misure contro i cittadini, ma per i cittadini, per la loro salute».

Sono centinaia le persone, polesani e padovani, che frequentano tutti i giorni le due province per lavoro, visite mediche o anche solo per fare la spesa. Quest’ultimo tipo di spostamento non sarà più possibile. Almeno fino al 3 aprile. Un “muro” che cambia le abitudini e, per qualcuno, divide anche affetti personali. «Si tratta di portare pazienza un mese – spiega Gaffeo - la situazione è davvero seria e dobbiamo assumere un comportamento responsabile. Non si tratta di usare il pugno di ferro, ma di rispettare le indicazioni che non arrivano da parti politiche, ma da medici e scienziati. A breve serviranno migliaia di posti in terapia intensiva in tutta Italia se questa pandemia non subirà un rallentamento: non è dunque il momento di fare polemiche».

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