Adria. Strage di Coimpo, condanne da rivedere

Giovedì 13 Luglio 2023 di Francesco Campi
Adria. Strage di Coimpo, condanne da rivedere

ADRIA - La Cassazione riporta indietro le lancette nel procedimento penale sulla Coimpo.

E le condanne decise nei confronti dei vertici dell'azienda di trattamento fanghi riguardo la più grave tragedia sul lavoro in Polesine, il 22 settembre 2014, quando durante lo sversamento di acido solforico nella vasca D dell'impianto di Ca' Emo si sprigionò una nube tossica che uccise Nicolò Bellato, Paolo Valesella, Marco Berti e Giuseppe Baldan, non sono ancora definitive. Anche se non c'è stata alcuna "bocciatura". Martedì la Cassazione ha annullato la sentenza di secondo grado pronunciata il 7 marzo 2022 dalla Prima sezione penale della Corte d'Appello di Venezia, nei confronti di Alessia Pagnin e Glenda Luise, entrambe nel cda Coimpo, in primo grado condannate a 3 anni e 9 mesi e la cui pena era stata rideterminata in appello a 2 anni e 5 mesi, rinviando per un nuovo esame a un'altra sezione della stessa Corte.

I PASSAGGI

La Cassazione, ha annullato anche, ma solo per la rideterminazione della pena, la parte della sentenza relativa al capo d'imputazione che riguardava le lesioni personali colpose gravissime subite da Massimo Grotto, «per essersi tale reato estinto per intervenuta prescrizione», anche nei confronti di Gianni Pagnin, presidente del cda Coimpo, condannato in primo grado a 7 anni e 8 mesi poi ridotti a 6 anni e 4 mesi in appello, di Mauro Luise, direttore tecnico della Coimpo e dirigente di fatto della Agribiofert, condannato in primo grado a 6 anni e 6 mesi poi scesi a 5 anni e 4 mesi, di Rossano Stocco, legale rappresentante della Agribiofert, la cui pena di 3 anni 4 mesi decisa in primo grado era stata poi rideterminata in 2 anni e 3 mesi, e di Michele Fiore, dirigente di fatto di Agribiofert, che dopo una condanna in primo grado a 3 anni 4 mesi si è poi visto ridurre la pena a 2 anni con la sospensione condizionale. I sei imputati rispondevano in questo procedimento di omicidio colposo plurimo, getto pericoloso di cose e violazione delle norme in materia ambientale, oltre alle lesioni colpose. In appello era stato confermato l'impianto del giudizio di primo grado e confermata integralmente la condanna al pagamento.

I RISARCIMENTI

La sentenza d'appello aveva confermato anche la condanna al pagamento degli oltre 2,1 milioni di provvisionali alle parti civili. Proprio gli avvocati di parte civile Cristina Guasti, Carmelo Marcello, Marco Casellato e Matteo Ceruti, sottolineano come «l'mpianto accusatorio del processo Coimpo ha retto anche a Roma. Poco contano la prescrizione riconosciuta per il reato di lesioni personali gravissime e l'annullamento con rinvio nei confronti delle due imputate "minori": dopo tre gradi di giudizio, il processo ha accertato che la tragedia del 22 settembre 2014, quando persero la vita quattro lavoratori, e gli odori molesti che per anni hanno creato forti disagi ai residenti sono riconducibili alle gravi carenze organizzative in termini di sicurezza dell'impianto. Nulla toglie all'affermazione di responsabilità, ormai definitiva, il rinvio a un nuovo giudizio di appello ai fini delle quantificazione finale della pena in conseguenza della prescrizione del reato di lesioni personali gravissime. La condanna definitiva è stata confermata dalla Cassazione anche in relazione ai reati ambientali per i quali la prescrizione era maturata già nel giudizio di appello ma che gli imputati volevano fosse "cancellata" per non dover pagare i risarcimenti già stabiliti dal Tribunale di Rovigo e dalla Corte d'Appello di Venezia. Ci auguriamo che decidano di risarcire alle parti civili i danni già quantificati nei precedenti due gradi, su cui la Suprema Corte ha ormai messo la parola fine».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci