Pop Vicenza, Zonin chiama Veneto
banca: «Uniamoci», l'ira dei soci, ma
i "no" si fermano al 5,7 per cento

Domenica 12 Aprile 2015 di Paolo Calia
Pop Vicenza, Zonin chiama Veneto banca: «Uniamoci», l'ira dei soci, ma i "no" si fermano al 5,7 per cento
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VICENZA - C'è arrivato per gradi. Prima con un accenno nel discorso ufficiale: «La soluzione più logica e più sicura per il futuro è cercare un partner». Poi con un appello diretto durante la discussione: «Spero che gli amici di Montebelluna ci pensino, abbiamo la possibilità di creare una grande banca in Veneto». Infine l'ammissione davanti ai giornalisti: «Ho lanciato un messaggio chiaro, è inutile andare avanti con i complimenti senza che nessuno si decida a fare il primo passo». Gianni Zonin, presidente della Banca Popolare di Vicenza apre ufficialmente la strada all'aggregazione, con Veneto Banca.

Per un annuncio del genere si sceglie anche la platea migliore: l'assemblea dei soci della Popolare. E non un'assemblea qualsiasi, ma verosimilmente l'ultima da «popolare» vera e propria prima di diventare un Società per Azioni. L'ultima poi che lo vedrà presidente: «Non sarò io alla guida della Spa», chiarisce. Un'assemblea da tutto esaurito, con 6.449 tra presenti e deleghe, dove tra l'approvazione di un bilancio con un rosso da 758 milioni di euro per via degli accantonamenti richiesti dalla Bce e la svalutazione del 23% delle azioni, la delusione e la rabbia dei piccoli risparmiatori si è fatta sentire, anche se al momento del voto, il dissenso è stato contenuto in piccole cifre: meno del 10% tra contrari e astenuti sul punto più discusso, quello della svalutazione dei titoli.

In questo contesto Zonin ha parlato di Veneto Banca. E a poco sono serviti i tentativi di smorzare la portata delle sue parole: «Parlo da veneto e da imprenditore, la mia non è la posizione del consiglio d'amministrazione. Ma dall'alto della mia età posso dire qualche cosa in più». Zonin non si trattiene e disegna quello che secondo lui sarebbe il futuro ideale: «In Veneto abbiamo due grandi banche, la Popolare di Vicenza e Veneto Banca, non considero Verona perché è più orientata verso il Nord Ovest. Sarebbe un peccato che queste due banche così importanti emigrassero verso altri lidi più o meno lontani. Se invece riuscissimo a farne una unica sarebbe una cosa straordinaria, sarebbe la quinta o sesta più importante in Italia con oltre 1200 sportelli in tutto il Paese. E, soprattutto, rimarrebbe nel territorio».

Un messaggio forte e chiaro diffuso con una tempistica perfetta visto che la prossima settimana, sabato 18, ci sarà proprio l'assemblea di Veneto Banca. Ma la strada verso l'aggregazione è molto lunga e non solo per l'attesa della risposta trevigiana. Tanti soci non sono convinti, hanno paura che mettere assieme due banche non proprio nel loro periodo migliore sia un rischio troppo altro.

Del resto il bilancio 2014 votato ieri rispecchia le difficoltà: 758 milioni di rosso. Zonin spiega: «Non sono perdite ma accantonamenti. La Bce non ha ritenuto adeguate le oltre 200mila ipoteche di immobili che la Popolare ha come garanzia sui crediti. Ma gli accantonamenti sono importi che dal patrimonio vengono spostati a garanzia. Quando i crediti verranno tutto o in parte recuperati, si trasformeranno in plusvalenze. La nostra è una banca sana e bisogna avere fiducia».

Giustificare e difendere la svalutazione delle azioni, passate da un valore di 62,5 euro a 48, è stato invece un pò più complesso: «Viste le direttive della Bce non potevamo fare altro», spiega Samuele Sartorato, consigliere delegato. Ma all’orgine del malumore dei soci non è tanto la svalutazione, quanto l'impossibilità a vendere: «A gennaio 2014 è arrivata una direttiva europea che ha bloccato l'utilizzo del fondo per l'Acquisto di Azioni in Proprio - continua il consigliere delegato - 250 milioni di cui non abbiamo più potuto servirci per gestire domanda e offerta. Stiamo però trovando una soluzione. A maggio inizieremo a utilizzare una piattaforma gestita dall'Istituto Banche Popolari dove poter organizzare delle aste per la compravendita delle azioni. La banca si limiterà a prendere gli ordini, poi un ente terzo gestirà le aste che avranno fluttuazioni mensili di un 5% in più o in meno e non potranno superare il 20%. Il valore iniziale sarà quello stabilito dall'assemblea».

Infine è stata anche annunciata la nascita della Fondazione Banca Popolare di Vicenza che gestirà il patrimonio artistico e le attività sociali. Intanto si guarda alla futura Spa, che potrebbe arrivare al massimo entro 18 mesi portandosi dietro una nuova ricapitalizzazione.



ASSEMBLEA - Scoppia la rabbia dei piccoli risparmiatorii che da anni conservano il loro pacchetto di azioni come un piccolo tesoro da utilizzare nei periodi più duri, esplode quando nella grande sala convegni della Fiera di Vicenza finiscono le relazioni ufficiali e parte il dibattito. Una discussione lunghissima dove non mancano momenti di tensione, al punto che il presidente della Popolare Giovanni Zonin arriva anche a minacciare «l'intervento della forza pubblica» se le intemperanze dovessero continuare. Ma contenere la rabbia non è semplice.



«Sono socio da 35 anni - dice Annerita Toniolo - ho dato fiducia a Zonin come la si dà a un padre. E adesso mi ritrovo con tutto il mio capitale bloccato. Non faccio numeri altisonanti, sono una pensionata. Spero che questa situazione si risolva presto anche se, sappiamo, i soldi li fa sempre chi li ha già». Le storie sono tante e tutte uguali: piccoli risparmiatori che vorrebbero vendere le azioni ma non possono perché la banca non è in grado di comprarle. E, per di più, si vedono anche decurtare il valore dei loro patrimoni del 23%: «Ho sentito parole come banca sana, seria, punto di riferimento - ironizza Mario De Marinis - un anno e mezzo fa in filiale mi hanno consigliato di investire i soldi dicendo "non ci rimetterà". E adesso ci perdo il 23%! Non mi sembra questo il modo di gestire una banca: se non siete in grado di farlo dimettetevi». Finisce tra gli applausi e quando Zonin avverte «Siamo in un'assemblea e non in piazza», si becca la sua bella bordata di fischi.



L'aria è elettrica. Ma se i piccoli risparmiatori sono sul piede di guerra, gli imprenditori cercano di andare oltre le difficoltà attuali: «Nonostante il momento così complicato, questa banca ha sempre continuato a sostenere le imprese del territorio - ammette Domenico Di Fonso, presidente delle Piccole Medie Imprese di Vicenza - è giusto dare fiducia». Ma le voci a favore si perdono nel mare delle contestazioni: «Ho chiesto di vendere le azioni senza mai avere una risposta - accusa Laura Parise - sono dovuta andare da un avvocato per farmi sentire. Ho anche chiamato la Banca d'Italia e mi hanno detto che sono tanti i soci ad avere presentato un esposto. Come potete pretendere fiducia quando i vostri soci rimangono senza risposte?».

La rabbia però non si tramuta in numeri. Tutti i punti all'ordine del giorno passano a maggioranza: la nomina dei 7 nomi per il consiglio d'amministrazione (Vittorio Domenichelli, Maria Carla Macola, Samuele Sorato, Nicola Tognana, Giuseppe Zigliotto, Roberto Zuccato e Matteo Marzotto); l'approvazione del bilancio (solo 3,4% dei votanti contrari e 3,1% astenuti) e la svalutazione delle azioni (5,7% contrari e 2,4% astenuti).

P. Cal.

Ultimo aggiornamento: 10:53

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