Sette morti sulla A4: «L'incidente era
prevedibile». Sotto accusa Autovie/ Video

Martedì 19 Aprile 2011 di Giuliano Pavan
L'incidente avvenuto l'8 agosto 2008 in A4 a Cessalto
TREVISO - Lo spaventoso incidente sull'autostrada A4 a Cessalto (Treviso) era prevedibile e Autovie Venete era nelle condizioni di poterlo evitare. A distanza di quasi tre anni dal disastro che l'8 agosto 2008 cost la vita a sette persone, è quanto emerge dall'inchiesta sulla sciagura. A stabilirlo è la perizia affidata il 16 dicembre 2009 dal gip di Treviso Gianluigi Zulian (ora ad Alessandria) ai professori Enrico De Rosa, Mariano Pernetti e Roberto Teti - ingegneri meccanici ed esperti di strutture stradali nonché docenti alla facoltà di Ingegneria dell'Università di Napoli - i cui esiti verranno messi agli atti questa mattina nel corso di un incidente probatorio a Treviso di fronte al gip Silvio Maras.



Le considerazioni tecnico-scientifiche sembrano inchiodare alle proprie responsabilità i vertici di allora di Autovie Venete, iscritti nel registro degli indagati con l'ipotesi di omicidio colposo plurimo: gli udinesi Pietro Del Fabbro, 53 anni, ex Ad, Riccardo Riccardi, 48 anni, direttore, ed Enrico Razzini, 55 anni, di Cremona, direttore di esercizio. La consulenza, che doveva ricostruire la dinamica del sinistro ed evidenziarne le cause, sul comportamento delle barriere di ritenuta afferma che «il veicolo non avrebbe invaso la carreggiata opposta se nello spartitraffico vi fosse stata una barriera con classe di contenimento analoga a quella installata negli altri tratti della A4». Nel tratto incriminato Autovie Venete aveva provveduto a un adeguamento dello spartitraffico, ma gli esperti sottolineano come la barriera al momento del sinistro avesse «una capacità di contenimento molto ridotta. Il salto di carreggiata era pertanto un evento prevedibile e vi erano le conoscenze tecniche per evitarlo».



Le opere di adeguamento dello spartitraffico erano iniziate nel 1992 e si erano protratte fino al 2008. Ma i periti sostengono che l'attività è avvenuta con una «successione temporale errata: si è investito prima su tratti autostradali con minore traffico e minore frequenza di incidenti di veicoli pesanti». La società era stata sollecitata in almeno tre occasioni a sostituire le barriere tra Quarto d'Altino e Portogruaro ma, nonostante un sinistro analogo il 29 marzo 2002, «l'adeguamento è iniziato, per motivi non connessi alla sicurezza stradale, soltanto a metà del 2008». I lavori di adeguamento dunque erano iniziati prima del disastro ma, come sottolinea la perizia, «dal bordo laterale anziché dallo spartitraffico. Partendo da quest'ultimo, con buona probabilità sarebbero già stati completati nel luogo dov'è avvenuto l'incidente».



Indagati con la stessa ipotesi di reato anche i responsabili dell'azienda di trasporti Bfc di Tombolo (Padova), cinque in tutto, e quattro persone all’epoca ai vertici di Iveco spa: i tedeschi Lorenz Willy Walker e Rieck Gerhard, e i torinesi Mario Astengo e Marco Vignolo. Le loro posizioni però sembrano più marginali. Se da un lato a causare lo schianto sarebbe stato il cedimento di una sospensione non montata correttamente, dall'altro, come recita la memoria difensiva di Iveco, il veicolo aveva percorso 900mila chilometri ed era stato oggetto di manutenzioni, per cui si esclude che possa essere stato un difetto di fabbrica a provocare la sbandata.
Ultimo aggiornamento: 20 Aprile, 18:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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