L’allarme lanciato l’anno scorso sembrava aver trovato una soluzione condivisa: le normative nazionali avevano definito le nutrie "specie nociva", consentendo la lotta alle infestazioni da parte dei Comuni, e ad agosto la Regione aveva emanato le direttive per catture e soppressioni, lasciando la parola ai sindaci. I quali, in grande maggioranza, aveva autorizzato la caccia con trappole e gli abbattimenti anche con armi di libera vendita (vietati invece i veleni perché non selettivi e potenzialmente pericolosi per altre specie). Ma ora la legge di stabilità ha fatto marcia indietro, tornando ad affidare il compito alle Regioni e alle Città metropolitane. Le nutrie sono tornate "specie selvatica" e le attività di "controllo ed eradicazione" non possono che passare attraverso un piano regionale che deve essere approvato dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. Ed è scoppiato il caos.
Alcuni Comuni sono già sotto scacco per ricorsi al Tar presentati dalle associazioni ambientaliste. Altri hanno giocato d’anticipo, ritirando ordinanze emanate da poche settimane al Tar. Altri invece continuano imperterriti a mantenere in vigore i propri provvedimenti, confidando nelle lungaggini della giustizia amministrativa all’italiana. In altri ancora, sono stati i comandi di polizia municipale a far presente che non era il caso di continuare ad autorizzare catture e abbattimenti da parte dei privati. E dilagano già situazioni paradossali: per esempio, allo stato degli atti a Scorzè la nutria si può ancora cacciare, ma se sconfina nella vicina Martellago non le può essere torto un pelo.
Altri Comuni forniscono gabbie per la cattura agli agricoltori che ne facciano richiesta: è il caso, ad esempio, di Due Carrere, nel Padovano, e di Cavallino-Treporti. Già, perché ormai i roditori, dopo aver colonizzato il medio corso dei fiumi, sono approdati sul litorale e si stanno spingendo fino alle Prealpi: gli ultimi allarmi sono scattati nell’Alta Marca trevigiana. I Consorzi di bonifica invocano una soluzione unitaria. E tra le prime a muoversi ufficialmente è la sindaca di Quarto d’Altino, Silvia Conte, che ha scritto alla Regione per sollecitare un piano di gestione: «Con la Città metropolitana di Venezia era stato concluso un accordo economico affidando gli abbattimenti alla Polizia provinciale o a personale qualificato, mentre i Comuni si sarebbero occupti dello smaltimento delle carcasse - ha spiegato - ma ora tutto torna in discussione».
E bisogna far presto: si avvicina un’altra ondata perché il picco delle natalità va da maggio e novembre e ogni femmina può partorire fino a quindici piccoli.