Da oggi verranno conteggiati anche i tamponi rapidi antigenici per rilevare il coronavirus. Saranno inseriti nel sistema di screening nazionale in una lista a parte, non insieme ai tamponi molecolari che rimangono i più attendbili per tracciare il covid. In sostanza i test rapidi vengono assimilati a quelli molecolari come efficacia nel tracciamento. É stata firmata dal direttore della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, la circolare che riconosce la validità dei test antigenici rapidi di ultima generazione nella definizione di caso Covid-19, nel solco delle indicazioni europee. La circolare 'Aggiornamento della definizione di caso COVID-19 e strategie di testing' prevede l'obbligo di tracciabilità di tutti i test nei sistemi informativi regionali: «Gli esiti dei test antigenici rapidi o dei test RT-PCR, anche se effettuati da laboratori, strutture e professionisti privati accreditati dalle Regioni - si legge - devono essere inseriti nel sistema informativo regionale di riferimento».
Riconoscimento
«Il Veneto non si è mai fermato ed ha sempre ritenuto fondamentale la sperimentazione di tutti i test. Abbiamo sempre ritenuto di dover percorrere tutte le vie ritenute possibili per arginare la pandemia; siamo stati la prima regione che ha affrontato il tema e l'utilizzo dei test antigenici di ultima generazione. Oggi la circolare del Ministero ci conferma che abbiamo preso la strada giusta» commenta il dottor Roberto Rigoli, coordinatore delle Microbiologie della Regione del Veneto. «Si tratta di un riconoscimento importante - prosegue Rigoli - perché sottolinea che i test diagnostici di terza generazione danno risultati assimilabili a quelli della biologia molecolare.
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La circolare del Ministero raccomanda il ricorso a test antigenici rapidi con requisiti minimi di performance: ≥80% di sensibilità e ≥97% di specificità. Questi test antigenici, si rileva, sembrano mostrare risultati «sovrapponibili» ai saggi di RT-PCR (test molecolari), specie se utilizzati entro la prima settimana di infezione, e sulla base dei dati al momento disponibili risultano essere «una valida alternativa alla RT-PCR. Qualora le condizioni cliniche del paziente mostrino delle discordanze con il test di ultima generazione la RT-PCR rimane comunque il gold standard per la conferma di Covid-19».
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Se la capacità di RT-PCR è limitata o qualora sia necessario adottare con estrema rapidità misure di sanità pubblica, rileva la circolare, «può essere considerato l'uso dei test antigenici rapidi in individui con sintomi compatibili con COVID-19 nei seguenti contesti: situazioni ad alta prevalenza, per testare i casi possibili/probabili; focolai confermati tramite RT-PCR, per testare i contatti sintomatici, facilitare l'individuazione precoce di ulteriori casi nell'ambito del tracciamento dei contatti e dell'indagine sui focolai; comunità chiuse (carceri, centri di accoglienza, etc.) ed ambienti di lavoro per testare le persone sintomatiche quando sia già stato confermato un caso con RT-PCR; in contesti sanitari e socioassistenziali/sociosanitari, o per il triage di pazienti/residenti sintomatici al momento dell'accesso alla struttura o per la diagnosi precoce in operatori sintomatici».
L'uso di test antigenici rapidi, si sottolinea inoltre nella circolare, «può essere raccomandato per testare le persone, indipendentemente dai sintomi, quando si attende una percentuale di positività elevata per esempio che approssimi o superi il 10%. La circolare precisa anche che il test rapido nei sintomatici va effettuato entro 5 giorni dall'esordio dei sintomi, mentre negli asintomatici va effettuato tra il terzo e il settimo giorno dall'esposizione. Se il test rapido risulta negativo, è necessaria la conferma dopo 2-4 giorno o con test molecolare o test rapido di ultima generazione. Alle persone che risultano positive al test antigenico rapido, anche in attesa di conferma con secondo test antigenico oppure con test RT-PCR molecolare, si applicano le medesime misure contumaciali previste nel caso di test RT-PCR positivo.