Rider, tra corse record e stipendi minimi. Chi sono i 600 fattorini del Fvg che consegnano cibo a domicilio

Giovedì 2 Febbraio 2023 di Marco Agrusti
Rider, in Friuli Venezia Giulia 600 fattorini tra regole rigide e stipendi minimi senza tutele

La categoria è sfuggente. E non perché i suoi componenti sono abituati a mulinare sui pedali di una bicicletta nel buio dei vicoli cittadini come sui grandi viali. E sfuggente perché loro sono gli ultimi invisibili. E i primi sfruttati. Anche in Friuli Venezia Giulia, però, l’esercito è in crescita. La pandemia ha messo il turbo a un fenomeno già di moda nelle grandi città, ma la fine del Covid non ha messo un freno all’impennata di offerte (e domande) di lavoro. Anzi, in tutte le province della regione i numeri sono in crescita. Come in crescita è l’allarme sociale per una categoria di lavoratori senza tutele, nella maggior parte dei casi lasciata a se stesse. È l’universo dei rider, i “fattorini” che consegnano i piatti dei ristoranti a domicilio.

E in Friuli Venezia Giulia è un fenomeno che ormai supera i 600 addetti. 


LA MAPPA
La classifica regionale delle presenze di rider la guida Trieste con più di 160 fattorini in bicicletta in una città non facilissima per i pedali e le due ruote. Ma è a Pordenone che il rapporto tra i rider e la popolazione è più alto, con un centinaio di fattorini sparsi in provincia a fronte di 300mila abitanti. La fotografia è quella scattata sul territorio da Nicola Dal Magro, segretario regionale della Nidil-Cgil (Nuove identità di lavoro). Uno spaccato occupazionale e sociologico quasi sempre ignorato. Perché l’importante è che il rider porti a termine la consegna, indipendentemente da quello che sta nel mezzo tra la chiamata e il campanello. Dall’analisi del sindacato emerge un quadro allarmante, fatto di lavoro a bassissimo costo, ritmi impossibili e pochissime tutele. 


CHI SONO
«Nel 2020, anche nella nostra regione, ci siamo svegliati una mattina ed eravamo pieni di rider nelle nostre piazze», spiega Dal Magro. Era il lockdown, non si poteva fare altrimenti. Il problema è che l’abitudine della cena a domicilio non se n’è andata con il ritorno alla normalità. «E oggi arriviamo a contare circa 600 fattorini in bicicletta in Friuli - prosegue il sindacalista -. La maggior parte della forza lavoro proviene dal Pakistan e in generale dal subcontinente indiano. Ma ci sono anche tanti studenti che arrotondano e si pagano l’università, così come persone di una certa età con famiglia e colpite dalla crisi economica». Poi si arriva alla vera piaga: quella degli stipendi. Ci sono due categorie di rider, in Friuli Venezia Giulia: quelli che hanno un contratto da dipendente (novità recente) e quelli che operano in regime di partita Iva. E nel secondo caso sono dolori, perché la paga è ampiamente da piena fascia di povertà. «I nuovi fattorini - è l’allarme lanciato dal sindacato - prendono 800, in alcuni casi solo 600 euro. E il lavoro lo decide un algoritmo anonimo».

 
IL METODO
Già, funziona proprio così. Non c’è il “capo” che ti ordina dove andare. Squilla il telefono, un’applicazione ti contatta e invia la consegna con l’indirizzo. A quel punto il rider inforca la bicicletta e parte, con la pioggia e con il sole, vicino o lontano. «Perché se salti una consegna - spiega sempre il sindacalista di riferimento della Cgil - entri in una specie di “lista nera” e sei penalizzato anche per il futuro». Una sorta di recensione negativa, che può condizionare anche lo stipendio del lavoratore autonomo. Quindi si parte comunque, anche se di fronte ci sono chilometri. A decidere tutto, infatti, è il sistema di cui si parlava prima, basato solo sull’algoritmo. Se un rider rifiuta una chiamata, si passa a quello successivo. «Una guerra tra poveri che purtroppo i fattorini combattono ogni giorno», prosegue Nicola Dal Magro. «La stessa applicazione segnala anche i possibili ritardi rispetto al tempo stimato dalle mappe per compiere un determinato percorso. E se sei segnalato il tuo lavoro diventa ancora più difficile». E altri prendono il posto, è un sillogismo. Il tutto senza ferie pagate. Di malattia e permessi, neanche parlarne. Sono “privilegi” di chi non lavora sulla strada per portare un piatto di sushi sulla porta di casa. 

Ultimo aggiornamento: 3 Febbraio, 09:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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