La Crociata del sindaco: «Stop ai centri islamici». Da Monfalcone la proposta di legge per chiudere le moschee abusive

La prima cittadina Anna Maria Cisint ha illustrato ieri la sua proposta di legge per impedire il proliferare sul territorio di strutture di preghiera collettiva

Martedì 9 Aprile 2024 di Loris Del Frate
La Crociata del sindaco: «Stop ai centri islamici». Da Monfalcone la proposta di legge per chiudere le moschee abusive

Nessuna “moschea” o luogo di culto collettivo, in luoghi che non siano inseriti in specifiche aree dei piani regolatori dei Comuni. In più nessun obbligo da parte dei sindaci di trovare siti alternativi (commerciali, artigianali o industriali) per le varie associazioni private in modo da supplire dove non è prevista sul documento di programmazione urbanistica una zona dedita al culto. L’offensiva contro quelle che i rappresentanti della Lega del Friuli Venezia Giulia chiamano di fatto “moschee diffuse” (senza esserlo), ma che nel dettaglio interessa tutti i fedeli delle varie religioni presenti sul territorio che hanno la necessità di trovarsi insieme per pregare, parte da Monfalcone, dove oramai la sindaco Anna Maria Cisint ha aperto un fronte durissimo su questo punto con la comunità musulmana presente sul territorio.

Una sorta di “battaglia” che ha portato alla chiusura dei due siti di preghiera nella città del cantiere, ma ha aperto un varco a livello nazionale. 


LA NORMA

Ieri, infatti, il sindaco di Monfalcone, insieme al vicesindaco, Antonio Garritani e alla maggioranza, ha consegnato al senatore Marco Dreosto che porterà poi a Roma a nome del gruppo leghista, una proposta di legge di un unico articolo, che fa seguito alla vicenda dei centri islamici e ai pronunciamenti del Consiglio di Stato. In pratica il Consiglio si Stato aveva dato questo orientamento: “Il diritto alla preghiera è soggettivo e quando diventa collettivo deve seguire le norme e le leggi dello Stato”. I giudici, però, avevano fatto anche una aggiunta. “In attesa che venga reperito un sito destinato all’interno del piano regolatore a zona di culto, spetta ai Comuni trovare siti temporanei per permettere la preghiera collettiva”. In pratica se nel piano regolatore non è prevista un’area di culto dove realizzare la struttura, i Comuni devono garantire in altro modo, una volta rispettate le norme edilizie e di sicurezza, la possibilità di preghiera per le comunità straniere. In pratica, come succede adesso, capannoni commerciali o industriali in disuso, una volta recuperati, ma senza cambiare la destinazione d’uso, devono essere autorizzati dai sindaci, seppur provvisoriamente, per la preghiera. Ed è proprio su questo aspetto che si focalizza la norma che la sindaca vuole modificare e per farlo ha dato mandato alla Lega regionale. 


L’ATTACCO

«Si tratta - spiega la sindaca - di un chiarimento di fondo perché in regione e in tutta Italia proliferano centri islamici e moschee al di fuori di ogni regola, controllo o censimento e i pronunciamenti che abbiamo ottenuto dal Consiglio di stato, indicano la strada a tutti i sindaci per intervenire al fine di far rispettare le norme che devono riguardare la generalità di tutti i cittadini. È un grande risultato. Ciò non riguarda in alcun modo il diritto di culto, ma semplicemente il rispetto delle normative che devono essere seguite da chiunque voglia svolgere una specifica attività, come quella della preghiera, in luoghi e ambiti idonei che per questo vengono stabiliti nei piani regolatori di ciascun Comune. Proprio a partire da questi punti fermi - è andata avanti la prima cittadina di Monfalcone - il nostro caso ha fatto emergere l’esigenza di avere certezza anche su due aspetti indiscutibili in base all’ordinamento italiano, ma che è necessario normare di fronte al proliferare di richieste che le varie comunità islamiche stanno facendo alle amministrazioni comunali, affinché mettano a disposizione centri di preghiera provvisori e ai pronunciamenti giurisdizionali che invitano i primi cittadini a individuare siti idonei a questo fine».

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I COMUNI

«L’autonomia dei Comuni è un valore costituzionale primario - ha spiegato ancora Anna Maria Cisint - essendo gli enti locali posti alla pari e non subordinati alle altre istituzioni nelle proprie competenze e fra queste rientrano quelle urbanistiche relative alla gestione del proprio territorio che si esercitano attraverso i piani regolatori. Nessuno può imporre a un sindaco di fare scelte, peraltro a favore di associazioni private, come sono i centri islamici, in contrasto con lo strumento urbanistico. In tal modo chiunque, per la propria attività privata, potrebbe pretendere di avere un luogo dove praticarla, in palese violazione delle norme urbanistiche. E perché la richiesta dovrebbe valere solo per i Comuni e non per tutte le altre istituzioni pubbliche regionali e statali del territorio. Di conseguenza - ha concluso- la nostra proposta di legge prevede che “fermo restando che spetta al Comune, all’interno del Piano Regolatore Generale, stabilire le Zone destinate a ospitare edifici per il culto, esula dalla sua competenza l’individuazione o messa a disposizione, sia in via permanente che provvisoria, di siti alternativi da utilizzare per l’attività di preghiera collettiva».

Ultimo aggiornamento: 17:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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