PORDENONE - Basterebbe il grafico, che parla da solo. Proprio la vecchia Manchester d'Italia, cioè una delle province più industriali di tutto il Paese, è oggi la prima a finire in difficoltà sul fronte del lavoro che non si trova. O meglio, del lavoratore che non si trova. Lo dice l'Ires basandosi sul sistema informativo Excelsior. Nel 60 per cento dei casi, infatti, le aziende del Friuli Occidentale incontrano difficoltà nel reperimento del personale: cercano dipendenti e l'offerta non regge il ritmo della domanda. Sul podio anche Bolzano e Gorizia, ma è Pordenone a svettare in modo netto.
COSA SUCCEDE
I DATI IN REGIONE
In Fvg, in base alla rilevazione condotta dal sistema informativo Excelsior, le imprese dell'industria e dei servizi stimano quasi 11mila entrate di lavoratori a gennaio 2023. Nel 55,5% dei casi prevedono di avere delle difficoltà a trovare i profili professionali ricercati, soprattutto per la mancanza dei candidati (35,1%) più che per la scarsa preparazione degli stessi (14,4%). Questa percentuale in provincia di Pordenone sfiora il 60% (59,8%) ed è il valore più alto che si rileva a livello nazionale.
Tra le figure che presentano le maggiori criticità a livello regionale si trovano: gli specialisti in scienze informatiche, fisiche e chimiche (con l'89,2%), i tecnici della sanità, dei servizi sociali e dell'istruzione (87,3%), gli operai specializzati nell'edilizia e nella manutenzione degli edifici (76,9%). In base ai titoli di studio richiesti le maggiori difficoltà si registrano in corrispondenza delle assunzioni di candidati che hanno concluso un percorso ITS (71,9%), seguite da quelle dei possessori di una qualifica di formazione o diploma professionale (70,1%), in particolare con indirizzo legno (88,9%) e impianti termoidraulici (92,5%). Si può infine evidenziare che negli ultimi anni gli ostacoli al reperimento del personale da parte delle imprese appaiono crescenti. Nel 2017 le assunzioni ritenute difficili in regione erano appena la metà di quelle rilevate attualmente (26,3%). Nel primo semestre del 2021 si aggiravano intorno al 40% del totale e a giugno dello scorso anno si attestavano ancora al 45%, dieci punti percentuali in meno rispetto alle previsioni odierne.
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