SACILE - L'arroganza di chi è convinto di aver messo nel sacco gli inquirenti e, sapendo di essere stato rintracciato in Cambogia, sfida i carabinieri con una telefonata in chiaro durante la quale sottolinea di essere al corrente del provvedimento a suo carico - che lo porterà in carcere per 14 anni -, ma di non avere alcuna intenzione di costituirsi.
LA CATTURA
L'unità catturandi dell'Arma di Pordenone ha monitorato da remoto il latitante per 270 giorni servendosi di ogni tecnologia disponibile attraverso la Procura di Pordenone. Ogni suo spostamento era registrato e, una volta appurato che si trovava in Cambogia, per stabilire il luogo preciso dove si era rifugiato Casagrande, i carabinieri si sono serviti dell'appoggio dell'ambasciata italiana, del consolato e degli italiani (tanti) che vivono in quel paese e che si sono messi subito a disposizione dei carabinieri. Casagrande è stato localizzato e quindi si è atteso il momento migliore per dare il via all'arresto. Il latitante sarà espulso dato che in Cambogia non è prevista l'estradizione, come ben sapeva il fuggiasco quando ha scelto di stabilirsi lì. E troverà subito qualcuno ad attenderlo per riportarlo in Patria.
L'INDAGINE
«Casagrande ha girato prima in Europa (dal 2017 è stato localizzato prima nel Regno Unito poi in Romania) lasciando tracce come Pollicino - ha sottolineato il colonnello Grosseto - fino a farci arrivare in Cambogia, dove credeva di essere ormai al sicuro, intoccabile. Spavaldo, ci ha sfidato ma, come ha più volte ribadito il procuratore Raffaele Tito che ha coordinato le indagini, se facciamo capire che una volta condannati non possono scappare, allora possiamo dire che ci sia la certezza della pena». Un arresto, dunque, non scaturito per caso, ma frutto di un lungo e meticoloso lavoro dei carabinieri. Casagrande non lavorava, ma poteva contare su un patrimonio custodito in conti esteri dai quali gli arrivava il denaro necessario a vivere e a spostarsi. Molto metodico, prelevava sempre attraverso carte di credito, mangiava nello stesso posto, cercando di condurre una vita normale. Ma a mettere fine ai suoi desiderata sono stati i carabinieri del Nucleo investigativo riuscendo, attraverso l'Interpol, «ad avere i propri occhi e orecchie su quei difficili territori». E nella prima serata di martedì scorso è finita la latitanza di Christian Casagrande.
s.s.