Il presidente della Regione, Massimiliano Fedriga, nella giornata degli infermieri ha parlato di «donne e uomini che tutti i giorni con dedizione e pazienza si dedicano all'assistenza dei pazienti e garantiscono il funzionamento delle strutture sanitarie». Un grazie, doveroso. Ma pare esserci davvero poco da festeggiare, perché oltre ai ringraziamenti di rito il quadro è quello di un'emergenza continua. Lo dicono i numeri: solo nel 2022 in Friuli Venezia Giulia hanno lasciato gli ospedali (ma anche le case di riposo gestite dalle Asp pubbliche) circa 500 professionisti. Sono una cinquantina in provincia di Pordenone e circa 200 nel territorio dell'Azienda sanitaria del Friuli Occidentale. Una fuga che come spiega il presidente regionale dell'Opi, Luciano Clarizia, riguarda «non solo il trasferimento verso la sanità privata, ma anche professionisti che hanno scelto di cambiare del tutto lavoro».
SOCCORSI
Nell'Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale, secondo i conteggi di Afrim Caslli, segretario del Nursind Udine, «nell'ultimo anno fra infermieri andati in pensione, professionisti che si sono licenziati o hanno scelto la mobilità, hanno lasciato 190-200 persone. Sono cifre allarmanti». Fa caso a sé la Sores, che coordina la macchina dei soccorsi, dove, secondo Caslli, «l'impatto dei numeri è drammatico». In questa situazione, il Nursind ha chiesto «un incontro urgente al nuovo direttore generale di Arcs Polimeni». Sulla centrale «aleggia come uno spettro la periodica carenza di personale preparato. Siamo nuovamente alle prese con licenziamenti, 2 in pochi mesi, e svariate mobilità - ad oggi 5 richieste da parte dei colleghi in Sores - che rischiano di mettere nuovamente in ginocchio il sistema d'emergenza. Non possiamo perdere ulteriori colleghi senza provare a cambiare le cose». Gli infermieri «non accettano più promesse di miglioramento non mantenute». Pur non avendo le redini della strategia di governo della sanità, secondo il Nursind, Arcs «deve dare un segnale di apertura» agli infermieri di Sores. Caslli fa proposte concrete: aumentare di almeno 50 ore le 150 ore di prestazioni extra-istituzionali concesse sinora ai colleghi della centrale, ma anche far sì che la docenza non intacchi il monte ore di attività extra. Misure che, secondo Caslli potrebbero avere «un effetto disincentivante verso le fughe da Arcs». Il passo successivo a quel punto sarebbe «la pianificazione di obiettivi più a lungo termine come le rotazioni su postazioni territoriali», ma anche «il sesto infermiere di notte». All'incontro sollecitato, Caslli si aspetta «risposte concrete. Se così non fosse è logico che la nostra priorità sarà quella di tutelare i nostri colleghi».