Covid: la pandemia è finita, ma l'ospedale spende ancora. Quasi 130mila euro per i servizi di emergenza

Nella città friulana sopravvive ancora un mondo fatto di sorveglianza dei pazienti dal punto di vista epidemiologico e di separazione dei contagiati

Sabato 17 Giugno 2023 di M.A.
Sanitari a lavoro su un paziente

PORDENONE - Dalla fine dell’anno scorso, anche per il governo siamo fuori dall’emergenza Covid. Nessuna legge è in grado di dire che il virus non circola più, che non ci si può ammalare o contagiare. Ma per decreto sono decadute tutte quelle norme appunto di natura emergenziale che per ben più di due anni hanno condizionato la vita degli italiani, soprattutto negli ospedali. Il primo giorno di maggio di quest’anno, poi, è arrivata un’altra spallata alla pandemia, con la decadenza dell’obbligo generico di mascherina all’interno delle strutture sanitarie, quindi anche negli ospedali. Si devono mantenere solamente in presenza di pazienti fragili e in determinate aree. Eppure il Covid costa ancora. Eccome. Una cifra? Per Pordenone, eccola qui. Quasi 130mila euro per garantire operazioni che nell’immaginario comune non esistono più


Il quadro

Già il nome del documento è particolare: “Servizi esternalizzati (quindi che AsFo affida a soggetti non interni alla struttura dell’Azienda sanitaria) a fronte del permanere delle criticità legate alla diffusione del Covid”.

Criticità, va detto, che nel mondo “reale” di fatto non esistono più. Ma gli ospedali - questa è la prassi nella vita di tutti i giorni in corsia - devono ancora garantire tutta una serie di procedure molto simili a quelle che si svolgevano in piena pandemia. Dalla sorveglianza dei pazienti dal punto di vista epidemiologico alla separazione dei contagiati. Una specie di “mondo a parte” che ancora sopravvive. E che finisce per costare al settore pubblico, mentre nel privato - che vive di regole proprie - c’è molta più flessibilità. 


I dettagli

Per cosa spende quasi 130mila euro l’Azienda sanitaria del Friuli Occidentale? Si parte da un dettaglio che oggi rimanda a tempi passati, cioè l’invio dei tamponi materialmente effettuati in provincia di Pordenone (ad esempio al centro del Deposito Giordani) all’ospedale di Trieste. Perché vanno ancora a finire lì? Perché il sequenziamento delle eventuali nuove varianti viene ritenuto ancora cruciale nell’ambito della sorveglianza sanitaria. Il costo del trasporto è di novemila euro, dati alla mano. Ma ci sono voci che pesano ancora di più e rispondono ad esempio a dinamiche tutte interne all’ospedale, ad esempio a quello di Pordenone. Costa 50mila euro, ad esempio, il necessario servizio di ristorazione e il confezionamento dei pasti per chi si trova ricoverato in quelli che a tutti gli effetti vengono definiti ancora come reparti Covid. Altri 40mila euro, invece, se ne vanno dalle casse dell’Azienda sanitaria del Friuli Occidentale per garantire i servizi di pulizia, la sanificazione e altri servizi a beneficio dell’AsFo. E poi un’altra voce, sempre riguardante il servizio di ristorazione, che prevede una spesa attorno ai 16mila euro. C’è anche il servizio che consiste nell’ambulanza sulle otto ore (dalle 11 alle 19) con equipaggio composto da operatore sociosanitario, autista e soccorritore. Costo totale, seimila euro. La stessa cifra che si deve sborsare per il trasporto secondario dei pazienti positivi al Covid. Un servizio, questo, gestito ad esempio dalla cooperativa sociale Onlus “Due Effe”. Insomma, una serie di “rinmasugli” della pandemia per i quali però bisogna pagare, e nemmeno poco. 

Ultimo aggiornamento: 18 Giugno, 10:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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