«Pronto soccorso, nel cuore dell'emergenza: così viviamo in prima linea»

Martedì 7 Aprile 2020 di Cristina Antonutti
Laura De Santi, primario di Pronto Soccorso
PORDENONE - In pronto soccorso c’è una parete bianca che i figli degli operatori sanitari hanno trasformato, con i loro colorati disegni, in un enorme arcobaleno. È il loro modo di ricordare ai genitori che “tutto andrà bene”. L’Unità operativa di Pronto soccorso e Medicina d’urgenza di Pordenone, 15 professionisti guidati dalla dottoressa Laura De Santi, da febbraio è in prima linea nella lotta al Coronavirus. Uno sforzo che «prosciuga le forze».
Dottoressa De Santi, come ha cambiato il vostro lavoro il Covid-19?
«La terapia intensiva funziona se a monte c’è un filtro adeguato. Noi facciamo filtro e diagnostica, uno sforzo che permette agli altri reparti di funzionare e ai pazienti di trovare la miglior risposta. In più abbiamo la Medicina d’urgenza, che adesso riaccoglie i pazienti Covid free».
Come ha reagito il personale?
«Ci sono le mamme che a fine turno devono ritornare a casa, l’abbraccio e il bacio che ti verrebbe da dare ai tuoi figli è limitato, devi fare un passo indietro perchè non sai se ti sei contagiato. C’è un sentimento di protezione da parte del sanitario nei confronti dei figli»
E i pazienti che trovate positivi?
«Sanno che stanno attraversando un momento difficile. Il dolore c’è, la fatica anche e quando si sta male si è anche preoccupati. Ma percepisco un senso di positività finale».
La pandemia come ha trasformato la sua unità operativa?
«È una situazione mai affrontata prima di oggi. Abbiamo subìto una profonda rielaborazione sia in termini di logistica che di organizzazione. Con le indicazioni maturate dal continuo confronto della Direzione sanitaria con l’Unità di crisi regionale sono stati definiti percorsi volti alla netta separazione dei casi sospetti o accertati di Covid da quello dedicato ai pazienti affetti da altre patologie».
Come funziona?
«È stata creata una zona dedicata all’accoglienza: il pre-triage, gestita in collaborazione con i volontari della Croce Rossa. Poi c’è un’area nel Pronto soccorso dedicata ai pazienti Covid sospetti o accertati. Quest’ultima è dotata di accesso diretto dall’esterno, anche per le ambulanze. Comprende tre ambulatori visita, dove oltre alla valutazione clinica viene eseguita l’ecografia integrata bed-side, cruciale per questi soggetti, e una sala urgenze-Covid completamente attrezzata per la gestione del paziente instabile, dove c’è anche il ventilatore».
Che cosa succede nella sala urgenza-Covid?
«In collaborazione con i colleghi della terapia intensiva viene trattato anche il paziente intubato in attesa della sua collocazione in rianimazione. Vi è inoltre un’area dedicata con 4 posti letto monitorizzati per la gestione di quei pazienti che necessitano di una stabilizzazione prima di accedere al reparto-Covid e dove si arriva anche alla ventilazione non invasiva. Ci sono poi 4 letti poltrona per i pazienti stabili in attesa di completare l’iter diagnostico. Disponiamo di un ambulatorio radiologico per l’indagine del torace e l’accesso a una Tac dedicata».
Il 40% dei contagi viene riscontrato in pronto soccorso. Come fate con gli altri pazienti?
«È stata creata un’area autonoma dove si possano trattare anche le acuzie cardiologiche, neurologiche in quei pazienti in cui non sia escludibile a priori l’infezione da coronavirus».
Sono cambiati anche i rapporti con i pazienti?
«La relazione medico-infermiere-paziente è stravolta nella sua essenza in questi giorni difficili. Non è mai mancata una parola di rassicurazione e di conforto, nè ai loro congiunti, che dovendo rimanere separati sono stati raggiunti con dei servizi di comunicazione telefonica».
E il personale?
«Oltre all’aggiornamento sui percorsi clinico-diagnostici in continua evoluzione, teniamo a scadenza pressochè quotidiana briefing rivolti a stemperare il carico emotivo che questo momento ci ha imposto».
Chi vuole ringraziare?
«I medici Paola, Fabiana, Domenico, Giuseppina, Carlo, Stefano, Alessandro, Luigi, Carla, Silvia, Elena, Fabrizio, Raffaella, Desiree, Elisa, Giuseppe e Silvia. La coordinatrice infermieristica Cristina, a cui va il merito di aver permesso la coesione di tutto il personale, gli infermieri e operatori socio sanitari di Pronto soccorso, Degenza breve internistica, Medicina d’urgenza e la responsabile di piattaforma infermieristica. Grazie anche al personale sanitario del primo intervento di Sacile e alla sua coordinatrice infermieristica Olga. Insieme continuiamo a fare, per scelta, questo duro lavoro, disposti a sacrificare molto della nostra vita quotidiana per il bene comune, a conferma del valore della nostra professione. Un ultimo ringraziamento va a tutti quelli che hanno fatto e che continuano a fare donazioni per la nostra Unità operativa, convinti che il percorso di superamento di questa pandemia si giochi iniziando proprio a supportare il lavoro del Pronto soccorso». 
Un messaggio per i pordenonesi?
«Restiamo a casa. Insieme ce la possiamo fare».
 
Ultimo aggiornamento: 10:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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