PORDENONE - Vittima del dovere o di un infortunio su lavoro? Il braccio di ferro tra il ministero della Difesa e un militare 120° gruppo di artiglieria semovente Po di Palmanova è finito in Cassazione, dove l'ex ufficiale dell'Esercito si è visto confermare i benefici assistenziali previsti per le vittime del dovere. Tutto ha origine il 25 maggio 1990 da un'esercitazione organizzata nel poligono di tiro di Cellina Meduna. L'ufficiale era a bordo di un mezzo corazzato dotato di mitragliatrice esterna. Era in testa alla formazione, in piedi con metà busto fuori dal mezzo, intento a scrutare l'area. Arrivò l'ordine di cambio di postazione. Il conducente diede velocità al cingolato senza accorgersi di un dosso. In seguito a un violenta impennata, l'ufficiale perse l'equilibrio, finì sul fondo del carro armato e, in seguito al trauma distorsivo delle ginocchia, nel 1992 fu congedato e collocato nella relativa categoria di pensione privilegiata.
La causa civile ingaggiata per essere riconosciuto come vittima del dovere è stata accolta in Corte di appello, ma il ministero non ha mollato, insistendo sul fatto che il militare non stesse svolgendo alcuna delle attività indicate per il riconoscimento dello status di vittima del dovere. Invece c'erano le condizioni indicate da un altro articolo della legge, relative allo svolgimento di una missione alla presenza di particolari condizioni ambientali e operative, visto che il mezzo sul quale l'ufficiale era trasportato era condotto da un militare di leva senza esperienza. La Cassazione ha pertanto condiviso che l'infortunio è stato causato alla grave imperizia del militare di leva che eseguì l'ordine con una manovra repentina del tutto impropria. Ed proprio in questo che è stato ravvisato il maggior rischio a cui fu esposto l'ufficiale «in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto».
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