Bancarotta Tecnostaf, pene per 9 anni. Svuotarono l'azienda in crisi, prescritta la truffa

Sabato 17 Luglio 2021

PORDENONE - La Tecnostaf Srl di viale Martelli fu trascinata alla bancarotta con un raggiro da 700mila euro.

Una truffa, ormai prescritta, che nel giro di pochi mesi aveva messo in ginocchio l'azienda pordenonese. Sei imputati. Soltanto un imputato aveva patteggiato (2 anni). Chi ha affrontato il processo ha ottenuto l'assoluzione per il reato di associazione per delinquere perchè il fatto non sussiste. Per la truffa è stato dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione. La bancarotta fraudolenta di Tecnostaf è invece stata confermata causando a Giovanni Romanelli, 57 anni, all'epoca residente a Fiume Veneto, e a Massimo De Simone (57), di Codroipo, una condanna a 3 anni e 6 mesi di reclusione, oltre alle inabilitazioni previste dai reati fallimentari per l'intera durata della pena (difesi dagli avvocati Cristiano Leone e Federico Plaino).

LA DISTRAZIONE

Il collegio presieduto dal giudice Eugenio Pergola (a latere Iuri De Biasi e Milena Granata) ha condannato per lo stesso reato anche Claudio Duz, 40 anni, di Morsano al Tagliamento (difeso da Paolo Luisa Vissat). Per lui la pena è stata di 2 anni, limitatamente a una distrazione di 688.212 euro, come previsto per De Simone. Anche per Romanelli ci sono state delle scremature che hanno comportato un'assoluzione. Vanni Avanzi, 61 anni, di San Giorgio di Mantova, è stato invece ritenuto estraneo alla vicenda: è stato assolto per non aver commesso il fatto dall'associazione, dalla bancarotta e per le cambiali false. Quest'ultima imputazione di falso era stata contestata anche a Luigi Guarracino, 74enne napoletano, per il quale il collegio ha dichiarato la prescrizione (aveva contraffatto della firma del titolare di Tecnostaf in nove cambiali).

IL RAGGIRO

Il pm Federico Facchin aveva concluso per quattro condanne e l'assoluzione per Avanzi, ritenendo che le prove a suo carico fossero carenti. Tecnostaf, specializzata in controcasse in legno e infissi, tra la fine del 2012 e l'inizio del 2013 si era ritrovata in difficoltà economiche. L'amministratore unico fu contattato da presunti consulenti aziendali che si offrirono di trovare acquirenti per le quote societarie. All'insaputa del titolare cominciarono a ordinare caldaie, climatizzatori, macchine per la pulizia industriale, gruppi elettrogeni, rame, sabbiato e perfino scale. Era merce che non c'entrava nulla con Tecnostaf. In sei mesi, secondo la ricostruzione della Finanza, avrebbero acquistato merce per 709mila euro di cui il curatore fallimentare non trovò traccia in magazzino. Era una fetta corposa del capo di imputazione, prosciugato dalla prescrizione. (C.A.)

Ultimo aggiornamento: 8 Marzo, 12:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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