Tensioni tra manifestanti e polizia al Bo: denunce per una decina di studenti

Venerdì 12 Aprile 2024 di Nicola Munaro
Le tensioni tra manifestanti e polizia al Bo

PADOVA - Dovevano rimanere fermi di fronte alla porta bronzea di palazzo Bo, chiusa (come gli altri cancelli) per impedire ai manifestanti di entrare nei cortili dell’Università. Invece non solo si sono mossi, prima verso la porta laterale di via San Francesco e poi verso l’ingresso principale di via VIII febbraio, ma per due volte hanno tentato di sfondare il cordone del II Reparto Mobile schierato a difesa dell’ateneo. Per tutto questo una decina di membri del collettivo Catai verrà denunciata in Procura: resistenza a pubblico ufficiale e manifestazione non annunciata, in pratica l’articolo 18 del Testo unico sulla pubblica sicurezza.

LE TELECAMERE

Quanto successo martedì all’esterno del Bo - mentre in Senato accademico era in corso la votazione di una mozione (poi bocciata) con la quale si chiedeva all’Università di sospendere la collaborazione scientifica con gli atenei di Israele - è stato ripreso minuto per minuto dagli agenti di piazzetta Palatucci. Immagini che fin da subito sono diventate il perno del lavoro di riconoscimento di quanti avevano partecipato alla chiamata in piazza da parte del Catai, nella scia delle manifestazioni pro-Palestina che per tutta la settimana hanno tenuto banco nella vita degli atenei italiani. La polizia ha identificato in tutto una settantina di manifestanti, definendo ruoli e comportamenti precisi durante quello che era annunciato come un sit-in statico davanti all’ingresso del cortile nuovo del Bo, e invece si è trasformata in una vera e propria protesta. 

I TENTATIVI

Per due volte, martedì, gli studenti e gli attivisti del Catai hanno tentato di entrare nel palazzo simbolo del sapere padovano.

Alle 15 davanti alla porta carraia di via San Francesco in via San Francesco. Poi - quella più sostenuta - un’ora dopo all’altezza del cancello principale di Palazzo Bo, attraverso il quale si accede al cortile Antico dell’Università di Padova. È lì che gli studenti e i componenti del Catai sono stati respinti dagli scudi della polizia, che li ha spostati - senza mai alzare un solo manganello - dal portico del Bo fino al Liston. Tensione di piazza dell’era moderna, con la polizia a contenere la pressione dei ragazzi e delle ragazze. Manifestanti che poi - in attesa di conoscere la decisione del Senato accademico sulla partecipazione al banco con le università di Tel Aviv - hanno fronteggiato gli agenti in assetto antisommossa scandendo cori - «Rettrice Mapelli, facci entrare», «Free free Palestine» e «Tout le monde deteste la police» - sventolando le bandiere della Palestina («è la bandiera di tutti gli oppressi del mondo») e mostrando cartelli con le facce di Meloni, Salvini e Biden sporcate da impronte di mani insanguinate.

IL COLLETTIVO

«Non accettiamo la militarizzazione con cui Palazzo Bo è stato blindato durante il Senato accademico - afferma Sebastiano Dorich di Spazio Catai - In quanto studenti avevamo il diritto di entrare nella nostra università e far valere le nostre istanze. I tafferugli che si sono sviluppati sono responsabilità della questura e dell'università, non certo di chi, come noi - aggiunge Dorich - non è più disposto a sopportare la complicità del nostro paese nel genocidio del popolo palestinese». 
Lo schieramento di una cinquantina di agenti era motivato dal rischio che gli antagonisti occupassero il rettorato, come successo giorni prima a Napoli: «Una preoccupazione inesistente - conclude -. Non volevamo occupare, ma solo presenziare al Senato per confrontarci democraticamente e in modo pacifico con la Rettrice e i senatori».

Ultimo aggiornamento: 07:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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