Suicidio di Henry nel fiume, la famiglia: «C'è qualcuno che sa tutto»

Venerdì 7 Ottobre 2022 di Gabriele Pipia
La passerella sul Brenta, a Cadoneghe
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PADOVA - Un ragazzo morto in circostanze misteriose, una famiglia che non si arrende e una nuova memoria di ventitré pagine appena depositata in Procura con una netta convinzione: «Su questa tragedia restano grandi ombre. C’è chi sa tutto ma non parla». Il caso è quello di Henry Amadasun, diciottenne di Cadoneghe (Padova) trovato senza vita nelle acque del Brenta il 20 settembre 2021. Per la Procura si è trattato di un suicidio e il pm Roberto Piccione ha già chiesto l’archiviazione, ma ora l’avvocato Marcello Stellin insiste: «Se si tratta di suicidio, crediamo possa esserci qualcuno che ha indotto il ragazzo a togliersi la vita. Ci sono ancora tante cose da chiarire». Con il documento presentato mercoledì il legale della famiglia chiede una consulenza medico legale sulle cause della morte e poi mette nero su bianco una nuova lista di nomi e cognomi: quelli delle persone che potrebbero conoscere importanti dettagli sugli ultimi giorni di Henry. 
I sospetti della famiglia sono rafforzati da un secondo episodio capitato lo scorso aprile, quando il quindicenne padovano Ahmed Jouider è stato trovato morto nello stesso punto del fiume.

Anche in questo caso la conclusione è stata netta: il giovane si è suicidato lanciandosi dalla stessa passerella. Il motivo? Un altro mistero. 


I FATTI
La ricostruzione parte dalla sera di sabato 18 settembre 2021. Henry Amadasun, di origine nigeriana, esce di casa in bicicletta e manda un messaggio nella chat Whatsapp degli amici: «Ciao ragazzi, non me ne vogliate. Non so se mi rivedrete ancora, vi voglio bene per sempre». Dalle 23.45 scompare e il giorno dopo la famiglia lancia disperata l’allarme: «È un ragazzo sano e a posto, non ha problemi con nessuno». Le ricerche scattano immediatamente e il 20 settembre il suo corpo senza vita viene ritrovato nel Brenta. Le indagini danno subito una risposta: si è lanciato dalla passerella Benetti, quella che collega Cadoneghe con la frazione padovana di Mortise. L’autopsia dice che è morto per annegamento. Caso chiuso? Assolutamente no. La famiglia sollecita nuove indagini, che vengono svolte durante l’estate e non danno nuovi esiti. Il pm chiede quindi l’archiviazione, ma l’avvocato si oppone e prepara la nuova memoria presentata due giorni fa. 
«Qualcuno sa tutto - è la posizione della famiglia -, se non è disposto a parlare bisogna comunque cercare di arrivare alla verità». «Nella nuova memoria cerchiamo di evidenziare tutte le contraddizioni e i lati oscuri che ci sono in questa vicenda - spiega l’avvocato Stellin -. Preferisco non entrare nel dettaglio delle persone che abbiamo indicato perché è bene mantenere il segreto preservando le indagini, ma di certo il nostro è un documento molto dettagliato. Siamo convinti ci sia ancora ampio margine per indagare». 
L’ALTRO DOCUMENTO
Lo scorso maggio il legale si era già presentato in Procura per depositare una prima memoria: ventuno pagine colme di dubbi, interrogativi e ipotesi che invitavano a tenere aperto il caso. Nel suo dossier c’era una prima lista di conoscenti che secondo la famiglia avrebbero potuto aiutare a risolvere il caso, ma c’erano anche altri due importanti elementi: le dichiarazioni dell’ex fidanzata di Henry che ipotizzava un brutto giro legato alla droga e poi un messaggio ricevuto su Instagram dal sindaco di Cadoneghe Marco Schiesaro in cui il mittente scriveva grossomodo così: «Henry si era infilato in un brutto giro. Io so perché è finita così». 
Ad aprile dopo la morte del secondo giovane proprio il sindaco Schiesaro aveva espresso tutti i suoi dubbi: «Stesso posto, stessa giovane età, stessi messaggi agli amici, stesso gesto. Crediamo davvero sia una coincidenza? Il problema è che c’è un muro di omertà». La famiglia di Henry ne è convinta e prova ad abbatterlo. 

 

Ultimo aggiornamento: 17:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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