Ragazzo suicida nel Brenta, nuovi elementi e nomi per riaprire il caso di Henry Amadasun

Mercoledì 11 Maggio 2022
Ragazzo suicida nel Brenta, nuovi elementi e nomi per riaprire il caso di Henry Amadasun
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PADOVA - Una relazione di 21 pagine consegnata di primo mattino agli uffici della Procura. Un'accurata ricostruzione dei fatti ma anche e soprattutto nomi e cognomi: quelli di chi potrebbe aiutare a risolvere il mistero legato alla morte di Henry Amadasun. Così l'avvocato Marcello Stellin ieri ha chiesto formalmente la riapertura dell'inchiesta sul suicidio del diciottenne di Cadoneghe trovato morto a settembre nelle acque del Brenta, nello stesso identico punto dove tre settimane fa si è tolto la vita il quindicenne di Mortise Ahmed Joudier. «Ci stavo lavorando da sette mesi e a mezzanotte di lunedì ho terminato la nuova memoria difensiva - spiega il legale della famiglia -. Si era sempre parlato di semplice suicidio ma anche alla luce dell'ultimo caso bisogna andare a fondo e verificare se davvero non ci siano altre responsabilità morali o materiali per la morte di quel ragazzo.

Non so quali possano essere i tempi ma di certo chiedo formalmente che venga riaperta l'inchiesta e che si indaghi nuovamente in modo completo prima che venga cestinato il fatto».


Ragazzo suicida nel Brenta, le novità

L'avvocato Stellin, che lo scorso 29 aprile si era presentato al municipio di Cadoneghe per incontrare il sindaco Marco Schiesaro e parlare proprio di questa nuova fase d'indagine, fonda la propria relazione principalmente su due elementi. Il primo: «L'esito dell'autopsia ci ha detto che in passato Henry aveva fatto uso di cannabis ma quel giorno non aveva bevuto e non si era drogato, a differenza di quanto hanno sostenuto tutti i principali testimoni». Il secondo: «Nella mia memoria ho indicato nuove possibili fonti di prova e chiedo alla Procura di andare a verificarle, ma in questo momento è meglio non entrare nel dettaglio dei nomi. Di certo posso dire che secondo me ci sono i margini per riaprire il caso».


Cosa sappiamo


La sera di sabato 18 settembre 2021 Henry Amadasun, di origine nigeriana, esce di casa in bicicletta e manda un messaggio whatsapp nella chat degli amici: «Ciao ragazzi, non me ne vogliate. Non so se mi rivedrete ancora, vi voglio bene per sempre». Dalle 23.45 scompare per sempre. Il giorno dopo la famiglia lancia disperata l'allarme: «È un ragazzo sano e a posto, non ha problemi con nessuno». Le ricerche scattano immediatamente e il 20 settembre il corpo senza vita del giovane viene ritrovato nelle acque del Brenta. Le indagini danno subito una risposta: si è lanciato dalla passerella Benetti, quella che collega Mortise e Cadoneghe. L'autopsia ordinata dal pm Roberto Piccione dice che è morto per annegamento, ma l'avvocato Stellin insiste e continua a cercare altre prove. Fino alla nuova memoria presentata ieri mattina.

La tesi del suicidio


«Noi continuiamo a non credere alla tesi del suicidio e speriamo che l'indagine venga riaperta - dice ora la famiglia tramite il proprio legale -. Chiediamo che chiunque sappia qualcosa si faccia vivo con le autorità anche per una questione di senso civico. Siamo ancora sconvolti per quello che è successo e la morte di un altro ragazzo nello stesso punto ha riaperto la nostra ferita».
IL MUNICIPIO
L'ultimo caso è appunto quello di Ahmed, il giovane di origine marocchina trovato senza vita nello stesso punto dopo che aveva mandato un messaggio simile alla ex fidanzata: «Forse morirò, ti amo». Il pm Andrea Girlando in questo caso ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio e una delle prime piste battute è stata quella del cyberbullismo.
Dopo la morte di Ahmed il sindaco di Cadoneghe Marco Schiesaro aveva espresso in un'intervista al Gazzettino tutti i suoi dubbi: «Lo stesso posto, la stessa giovane età, gli stessi messaggi, lo stesso tipo di azione. Vogliamo davvero pensare che sia una coincidenza? Il problema è che c'è omertà. C'è qualcuno che sa tutto e non parla. Credo che i responsabili di queste morti potrebbero essere gli stessi».
Ora lo stesso sindaco pensa a installare una videocamera in quella passerella maledetta. «Potremo metterla sul nostro lato, quella di Cadoneghe. Abbiamo chiesto dei finanziamenti al Ministero dell'Interno e speriamo arrivino. Venerdì intanto incontrerò la ditta che si occupa della videosorveglianza. E questa estate metteremo in campo pattuglie ad hoc della polizia locale contro lo spaccio nei luoghi frequentati dai giovani».
Gabriele Pipia
 

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