I 70 anni del sindaco Giordani: «Quella volta che il Milan mi chiese Del Piero»

Mercoledì 10 Maggio 2023 di Egle Luca Cocco
Il sindaco Sergio Giordani

PADOVA - Settanta candeline sulla torta e una fascia tricolore sulla spalla. Compleanno da sindaco per la sesta volta per Sergio Giordani e per la vigilia si regala un giro per la città: due ore in auto (elettrica), con il cellulare che resta infilato nel portaoggetti, da Palazzo Moroni all’Appiani, dal capolinea del tram all’ospedale passando per il Santo. Due ore immerso nella città: «Una città bellissima». E con la moglie sempre nel cuore: «Il prossimo anno saranno 50 anni di matrimonio. Al Geox mi auto premierò come facciamo con tutte le coppie che raggiungono questo traguardo. Lucia è tutta la mia vita, una donna bellissima».
Sindaco, possiamo partire (nemmeno il tempo di superare il cancello del municipio e Giordani si entusiasma).
«Che spettacolo. Che spettacolo. Il mercato, i palazzi storici. E poi quanta gente. Ci sono un sacco di turisti, che sono raddoppiati. E tantissime gite scolastiche. Quando mi riconoscono mi piace fermarmi a parlare con i ragazzi».
Ma Giordani ha sempre vissuto in città?
«Le Cave, via Ciamician, Chiesanuova».
L’angolo più bello di Padova?
«Il lungargine del Piovego. Prima ci andavo a correre, adesso a camminare».
Lungo riviera Tito Livio ci sono file di studenti. 
«Fa bene alla cultura e all’economia. Ma ci ricordiamo cos’era la città durante la pandemia? Tanti se lo sono già dimenticato. Io invece non ho scordato quella riunione con il presidente Zaia quando venne deciso di chiudere Vo’. L’inizio di un incubo. In quel periodo c’era veramente gente che non aveva i soldi per mangiare. Distribuire quel milione di buoni pasto fu un modo per aiutare i padovani, ma anche per evitare che potesse accadere qualcosa di grave. Quando uno ha fame perde la testa».
Il momento che l’ha toccata di più?
«Quando sono arrivati i camion militari che portavano da Bergamo 98 salme destinate alla cremazione. Fu davvero toccante. E pensare che adesso c’è chi si lamenta perchè c’è troppa gente in giro».
Al Portello ci arriviamo dopo...
«Sì, però lo dico adesso che stiamo affrontando la questione. E sia chiaro: gli street tutor servono a stimolare comportamenti educati. I controlli ci sono e ci saranno e vengono fatti dalla polizia municipale e dalle forze dell’ordine. Poi rendiamoci conto che a Padova ospitiamo 70mila studenti».
Intanto siamo arrivati allo stadio Appiani (il tempo di parcheggiare, scendere e di ritrovarsi al centro del campo).
«Mi manca solo la lacrima... Qui ho passato dieci anni. Mi ricordo ancora quando l’acqua entrava nella sede».
Qualche tifoso avrebbe preferito non fosse stata abbattuta la gradinata...
«Anch’io con il cuore, ma allora andava rifatta. E il cervello dice che non è possibile. Adesso il cantiere è fermo per l’amianto, ma quando sarà finito il progetto sarà bellissimo».
La prima partita da dirigente sportivo?
«Non la ricordo. Sono state talmente tante le battaglie in questo stadio...».
Fino alla serie A. Anche se all’epoca si diceva che non volevate per non dover spendere...
«Eh si, ricordo. Non era chiaramente vero. Avevamo l’assicurazione per pagare il premio promozione, solo che quando siamo stati promossi la società poco prima era fallita. Una beffa davvero»
Qui è dove ha debuttato Alessandro Del Piero. Mai pentito di averlo ceduto?
«Assolutamente no. E ci fu un’asta tra il Milan e la Juventus. Il Milan offriva due miliardi e mezzo, la Juventus quattro e mezzo. Sicuramente era un campione, ma all’epoca con noi aveva giocato due partite. Comunque per essere precisi alla fine per Del Piero abbiamo avuto quattro miliardi e mezzo, una partita amichevole che valeva trecento milioni di lire e il trasferimento del portiere Adriano Bonaiuti». 
È rimasto legato a quella squadra degli anni Novanta?
«Sono ancora nella chat di quella squadra, sì».
Un po’ di nostalgia c’è...
«Ero affezionato alla squadra, a tutto l’ambiente. E in quegli anni avevamo come direttore sportivo Piero Aggradi, grande uomo e grande dirigente. Sette giocatori arrivati in Nazionale e l’acquisto di Alexi Lalas, primo americano a giocare in Italia. Dovevamo acquistare Biorklund, uno svedese, ma si fece male. Così dissi ad Aggradi: “Se torniamo in Italia senza prendere nessuno ci ammazzano”. E lui mi disse che aveva visto ai Mondiali Lalas. Andammo subito a New York a prenderlo. Ogni volta che eravamo in aeroporto attorno a lui c’era una folla».
Calcio, stadio, Euganeo, avviso di garanzia...
«Nella mia coscienza ero tranquillo, sapevo di non aver fatto nulla di male. È vero che sollecitavo anche perchè i prezzi aumentavano, perchè volevo la curva fosse pronta per il Calcio Padova. Per me è stato mortificante, io sono una persona onesta e corretta».
Ma che effetto fa sapere che le telefonate vengono intercettate? (ride)
«È vero che c’erano delle mie espressioni colorite, ma si sa che io sono fatto così. È che ancora oggi faccio fatica ad accettare i tempi del pubblico».
Uscendo dall’Appiani Giordani si ferma e punta il dito sulla torretta della casa a fianco. Che guarda sindaco?
«Quando ero alle superiori lì ci andavo a vedere le partite del Padova abusivamente pagando cento lire. Che strano effetto che mi fa ripensarci adesso: da tifoso abusivo a presidente... Questo conferma che non bisogna mai dire mai, che le sfide vanno sempre accettate».
Come quella di fare il sindaco? (Giordani risponde mentre riparte con destinazione la Guizza, capolinea del tram).
«Il giorno che ho vinto le elezioni quando sono arrivato sotto casa dopo tutte le feste a mia moglie ho detto: “E adesso che faccio? Mica sono capace di fare il sindaco, non so nemmeno da che parte iniziare”. Poi ho costruito un gruppo di collaboratori e seguendo la mia prima regola, che è quella di creare armonia, è iniziata questa avventura. Io non litigo mai con nessuno».
Mai? In 70 anni mai? (risposta senza aver bisogno di pensarci).
«Due volte».
Con chi?
«Con un amico del centro e Andrea Olivi (ex direttore della Fiera, ndr)».
Che studente era Giordani?
«Se arrivavo alla sufficienza era una festa. Ho iniziato presto a lavorare».
E così ha conosciuto Lucia...
«Si, ho trovato uno spettacolo di moglie. Incassavo le rate delle enciclopedie ed entrando nella sede ho visto questa donna splendida. Mia moglie è tutta la mia vita. Avevo diciannove anni».
Quanti anni di matrimonio?
«Il prossimo anno saranno 50. Abbiamo avuto due figli splendidi e quattro nipoti eccezionali. Io non sono mai stato tanto a casa, è lei che tiene e ha sempre tenuto unita la famiglia».
Un difetto...? (Il sindaco ci pensa)
«È pigra... Ma non scrivetelo che altrimenti...».
Altrimenti?
«Mi uccide» (e ride, allora si può scrivere).
È vero che ancora oggi ha la tentazione di telefonare a suo padre morto da tanti anni?
«E ad Aggradi (il ds del Calcio Padova anni Novanta, ndr). Mio padre mi ha sempre sostenuto, mi è sempre stato vicino, ha condiviso tutte le mie scelte».
Siamo arrivati alla Guizza. Ma possibile che chi non vuole le nuove linee non abbia qualche ragione?
«Anch’io all’inizio avevo dei dubbi, certo. Ma poi, studiando i progetti, mi sono convinto che questo è quello giusto. La mobilità della città cambierà».
Giordani si gira e guarda un bus elettrico...
«Ne arriveranno 98. Con il nuovo tram sarà una rivoluzione».
Con Busitalia però qualche problema c’è...
«Busitalia sta avendo le difficoltà che hanno tutte le società di trasporti: la pandemia è stata devastante».
Ma non si poteva evitare di aumentare il biglietto visto che le famiglie già sono alle prese con rincari su tutti i fronti?
«Purtroppo non c’erano alternative e in altre parti d’Italia costa anche di più. E gli aumenti degli abbonamenti li abbiamo contenuti sul dieci per cento».
L’auto elettrica di Giordani punta verso l’ospedale. Sindaco, ma chi sarà il suo erede? Magari Diego Bonavina?
«Non ne ho la minima idea. In Italia siamo stati capaci di mandare via Draghi in tre mesi... Può essere Bonavina o qualche altro? Sono tanti gli amministratori validi che abbiamo in questa Giunta. In sette anni non abbiamo mai litigato».
Chi “ruberebbe” all’opposizione?
«Beh, qualcuno c’è. Io li capisco, non hanno un ruolo facile e io nemmeno lo saprei fare. E so benissimo che tante cose che dicono e fanno sono questioni politiche. Con loro ho un buonissimo rapporto. Per me esiste un gruppo, di governo e di opposizione, che pensa al bene della città».
L’ospedale è dietro l’angolo...
«Ringrazio Zaia e tutti quelli che hanno lavorato al progetto del nuovo polo. In via Giustiniani avremo un ospedale in un grande giardino. La nostra sanità è una eccellenza».
Ma Giordani da “grande” cosa farà?
«Il pensionato. Così io e Lucia avremo tempo per viaggiare».
Anche quando si era candidato la prima volta aveva detto che sarebbe stato sindaco per un solo mandato. Poi ha cambiato idea... Magari un posto da senatore? (La risposta è netta).
«Non se ne parla. A 74 anni posso ritirarmi»
O forse no...
«Non se ne parla»
Organizzata la festa di compleanno?
«In famiglia come da tradizione. Al ristorante. Ma venerdì, domani (oggi per chi legge, ndr) lavoriamo tutti».
Nemmeno per i 70 anni una pausa?
«Settanta? Sicuro?» (e ride)

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Ultimo aggiornamento: 11 Maggio, 09:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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