Sigaro Nostrano, torna l'antico tabacco del Brenta: serate e distillati per riscoprirne aroma e storia

Nella valle a nord di Bassano del Grappa è stata rilanciata la produzione interamente fatta a mano con la tecnica tradizionale

Lunedì 10 Aprile 2023 di Giovanni Carraro
I fratelli Bertoncello

Cristian siede accanto al fratello Nicola. Entrambi indossano giacche eleganti, i capelli sono pettinati all'indietro, ad evocare un taglio alla Mascagni. In mano reggono un tumbler con qualcosa di forte, il sigaro ammezzato sul portacenere emana aromi esotici. Ma non siamo alla Bodeguita del Medio e quello che fa fumo non è un Romeo y Julieta. Loro sono gli ambasciatori di una lunghissima tradizione che in Valbrenta, tra il Grappa e l'Altopiano dei Sette Comuni, ha retto per secoli ininterrottamente e stava per essere dimenticata: la coltivazione del tabacco. Tra le loro dita, ad ardere, c'è il suo moderno testimone, il sigaro Nostrano del Brenta.


GLI ALBORI
Di tabacco si muore, recitano le etichette, di tabacco si vive, sostengono nella valle del Brenta.

O meglio, sostenevano, visto che la secolare tradizione di coltivare la fumosa foglia da arrotolare rigorosamente a mano ha retto per lunghi secoli, per poi cadere in declino a partire dalla fine dell'Ottocento. Da qualche decennio però il Nostrano del Brenta sta vivendo una seconda giovinezza. Ma andiamo per ordine. Siamo sul confine orientale della provincia di Vicenza, a nord di Bassano del Grappa, lungo il Canale del Brenta punteggiato da paesini disposti in fila indiana sui versanti dove la parola d'ordine è pendenza. L'ultimo a chiudere la valle allo sbocco in pianura è Campese. Qui, dal XVI secolo, si tramanda una leggenda che vede un monaco benedettino far ritorno da un viaggio di evangelizzazione nelle Americhe, portando con sé alcuni semi di tabacco. Vennero seminati presso l'antico monastero di Santa Croce e con quel gesto ebbe inizio la storia del tabacco in valle non più come elemento portante dei rituali magico-religiosi delle culture indios d'oltreoceano, ma con scopi medicamentosi e in seguito voluttuari. In altre parole, tabacco da naso come "polvere starnutatoria" per badare alle vie respiratorie, trinciato per pipa e sigarette, foglie per ricavare il nobile sigaro.


IL CONTRABBANDO
Fu quello il tempo in cui il tabacco si diffuse talmente tanto in Veneto che la Serenissima, intuendone le potenzialità fiscali, a partire dal 1654 istituì il monopolio e conseguentemente vietò la libera coltivazione. I paesi della valle, Campese, Campolongo, Oliero, Valstagna, sfruttando antichi privilegi quali paesi di confine, continuarono la coltivazione e, anzi, la intensificarono. Nel 1763 Venezia siglò i primi contratti regolari con i coltivatori e anche sotto la dominazione austriaca venne confermato il privilegio di coltivarlo in valle con nuove concessioni che si estendevano ai comuni sulla riva sinistra del Brenta, come ricorda la targa del 1817 presente in piazza a San Nazario. In realtà nel corso del tempo i contadini videro fasi di concessioni ed altre di restrizioni che causarono crescenti malumori. Nacque quindi il fenomeno del contrabbando che spesso rappresentava l'unica via di uscita di fronte alla povertà diffusa. In questo, un ruolo fondamentale lo avevano le donne che sotto finte gravidanze tentavano di sfuggire ai controlli del monopolio.
Basta alzare lo sguardo da fondovalle per rendersi conto della verticalità dei versanti che guardano il Canale del Brenta. Pendenze estreme che per secoli sono state sconfitte dall'abile lavoro dell'uomo dando corso a trasformazioni sociali e del paesaggio che possiamo ancora oggi cogliere osservando i bellissimi terrazzamenti degradanti verso il fiume. Ed è in questa orizzontalità artificiale che fu possibile coltivare il tabacco, ma al prezzo di tanta fatica, come documentato dal cortometraggio Fazzoletti di Terra, girato dal regista Taffarel proprio a Valstagna per portare sul grande schermo la cruda realtà di quella povera terra: i due protagonisti conquistano la montagna metro per metro per creare un piccolo appezzamento terrazzato. Sorsero nelle vicinanze le tipiche case del tabacco a più piani dove la preziosa foglia veniva fatta fermentare per poi essere essiccata in soffitta sugli "smussi". La semina, la conta delle piante e la distruzione delle foglie di scarto venivano eseguite sotto l'attento controllo della finanza per scongiurare il contrabbando. Le sanzioni erano pesantissime e comportavano anche l'arresto.


SECONDA GIOVINEZZA
Nella metà dell'Ottocento si raggiunse la massima estensione delle coltivazioni di tabacco, quasi quindici milioni di piante nella sola Valstagna. Con il pregiato tabacco del Brenta le sigaraie di Campolongo preparavano sigari particolarmente rinomati, selezionando le foglie migliori per fascia e sottofascia a contenere il ripieno. A partire dal 1870 iniziò il declino soprattutto a causa dell'emigrazione e della pressione fiscale, fino al 1939 quando venne fondato il Consorzio Tabacchicoltori Monte Grappa per salvare la filiera produttiva. La svolta è del 2012, con il debutto sul mercato della nuova produzione dell'Antico Sigaro Nostrano del Brenta partita con il Doge, interamente fatto a mano a Campese da una squadra di venti sigaraie che utilizzano rigorosamente la tecnica tradizionale. La stretta somiglianza al pregiatissimo Habana del centro America ha ben presto decretato il successo del Doge e di altre tipologie, posizionandoli tra i sigari più richiesti dagli appassionati.


INFLUENCER DEL SIGARO
Tantissimi hanno amato e amano tuttora l'Antico Sigaro Nostrano del Brenta che ha tutte le carte in regola per raggiungere nuovi obbiettivi, grazie ad un particolare lifestyle legato al fumo lento che ha spinto un gruppo di appassionati a fondare nel 2012 l'Associazione Amici del Nostrano del Brenta. «La nostra missione è quella di divulgare una storia avvincente, nata tanti secoli fa per necessità e sfociata nell'era moderna tra competitor di fama mondiale per soddisfare le esigenze del moderno estimatore del sigaro», spiegano i fratelli Cristian e Nicola Bertoncello, soci fondatori. «Il filo conduttore che caratterizza tutti gli eventi che organizziamo in collaborazione con il consorzio è sempre lo stesso: la storia, le tecniche di produzione, la cultura, la meditazione, l'eleganza. Nei momenti di relax delle serate di degustazione, in cui vediamo una crescente presenza del pubblico femminile, riserviamo molto spazio agli abbinamenti con prodotti innovativi, come ad esempio i distillati a chilometro zero. Ne è un esempio la storica distilleria di grappe Nardini al cui fondatore, Bortolo, è stato dedicato uno speciale sigaro della nostra produzione ma anche il maestro Capovilla, universalmente riconosciuto tra i migliori distillatori al mondo che produce la Grappa Tabacco Nostrano del Brenta. Il fatto che la nostra valle sia riuscita a conquistarsi uno spazio di tutto rilievo in questo mercato così complesso e competitivo è per noi un motivo d'orgoglio».

 

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