Il leader di Assindustria Venetocentro: «I costi fuori controllo: in guerra sono necessarie risposte di guerra»

Domenica 3 Aprile 2022 di Ario Gervasutti
Leopoldo Destro

L'escalation della guerra va di pari passo con l'escalation del prezzo dell'energia e del gas. E per le aziende italiane è come essere sotto un pesante bombardamento: non fa morti o feriti, ma rischia di distruggere i grandi sforzi fatti dall'economia per superare lo choc della pandemia e ripartire. Il presidente di Assindustria Venetocentro, Leopoldo Destro, osserva i numeri freschi di giornata e scuote la testa: «Tira una brutta aria...».


Può andare peggio di così?
«L'inflazione è al 6,7%, il dato peggiore degli ultimi 30 anni.

I prezzi dell'energia e del gas non accennano a raffreddarsi. Il 16% delle aziende italiane nei primi tre mesi del 2022 hanno rallentato la produzione o si sono fermate».


Non c'è lavoro?
«Macché, ce n'è tantissimo. Il mercato c'è e lo conferma il dato della disoccupazione che è tra i più bassi di sempre, al 6,8%. C'è lavoro e c'è una richiesta continua di manodopera di ogni tipo, qualificata o meno. Le aziende si devono fermare perché non riescono a stare al passo con i costi».


Solo quelli energetici?
«Energia e gas incidono in maniera drammatica, ma anche i prezzi delle materie prime hanno subito un'escalation micidiale aggravata dal fatto che non esistono più i listini: si vive alla giornata ed è difficile programmare».


Di quanto è aumentato il costo della produzione?
«Nei primi 3 mesi di quest'anno è cresciuto del 38%».


E quanto potremo reggere ancora, di questo passo?
«I pronostici più rosei dicono che tra tre mesi questo dato sia destinato a raddoppiare. È evidente che se questo si avverasse non potremmo reggere a lungo».


Quali iniziative immediate dovrebbe prendere il governo?
«Ci sono azioni possibili a livello europeo e altre a livello italiano. Deve essere subito fissato un tetto al prezzo del gas: anziché pagarlo i 13 euro di inizio 2020 un imprenditore lo pagherà 70 euro, è tantissimo ma almeno si saprà regolare. Poi va messa mano alle accise con un taglio vero, incisivo, e si deve attingere alle riserve italiane per calmierare il prezzo. Terza azione: trovare fonti di approvvigionamento diverse, ad esempio importare più gas liquefatto affittando navi per la rigassificazione. Quarta azione: estrarre più gas dai giacimenti nazionali».


Pensa che la politica abbia la volontà e la forza di attuare decisioni drastiche?
«O lo si fa adesso o non lo si fa più. Tutti vediamo quanto stiamo pagando la mancanza di strategia. In Italia abbiamo alcune risorse poco sfruttate, penso al gas nell'Adriatico. Non vogliono pomparlo? Allora si ragioni subito sul nucleare di ultima generazione o sulle rinnovabili, dove bisogna fare un'importante opera di sburocratizzazione. È fuori discussione che dobbiamo crearci un'alternativa, un'autonomia energetica che ora non abbiamo».


Gli interventi finora decisi dal governo sono adeguati?
«Necessari, ma non sufficienti. Si può e si deve fare di più. Lo so che non è semplice in una situazione complicata da un indebitamento pesante. Ma le aziende e a cascata le famiglie fanno fatica a reggere. In situazioni di guerra vanno date risposte di guerra».


Ma non siamo in emergenza da soli due mesi. Non avremmo dovuto pensarci da tempo?
«Dobbiamo in un certo senso approfittare dell'occasione per attuare interventi strutturali attesi da anni, a cominciare dal cambiamento del mix energetico e di approvvigionamento. Alcuni interventi sono già previsti nel Pnrr, dobbiamo solo anticiparli. Quando diciamo che il Pnrr va rivisto non parliamo di importi, ma di applicazione più rapida».


Vi preoccupa di più la bolla speculativa a livello globale o il dramma della guerra in Europa?
«La guerra in Ucraina è un pezzo della grande speculazione. La guerra è orribile e drammatica, ma avrà conseguenze geopolitiche che cambieranno il quadro economico globale. L'Europa deve essere brava nella gestione diplomatica di ciò che sta accadendo».


Lo è in questo momento?
«Cerca di esserlo, anche se è difficile dialogare con Putin. Come Italia, ci siamo fatti troppo condizionare; i grandi blocchi hanno fatto i loro affari, la Cina è totalmente indipendente, gli Usa lo stesso, invece l'Europa e ancor più l'Italia hanno pensato molto meno alla strategia e molto più a essere al passo con i tempi ad esempio sull'energia».


A proposito di strategie, c'è una partita aperta sul futuro delle Generali, che vede protagonisti alcuni gruppi industriali di grande peso del Nordest. Che cosa ne pensa?
«È una notizia positiva che ci siano imprenditori italiani, con grandi interessi nel Nordest, che vogliano investire capitali propri per preservare e far crescere ulteriormente un grande brand come Generali. Non possiamo perdere anche questo asset, che tanto rappresenta per il nostro territorio nordestino. Gli asset e le cose positive in Italia vanno preservate e supportate. Devono crescere e devono essere messe nelle condizioni di poterlo fare».

Ultimo aggiornamento: 27 Aprile, 17:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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