UDINE - I primi tre mesi del 2022 dovevano essere quelli del “ruggito”. Passano invece alla storia recente come quelli che hanno già divorato un punto, un punto e mezzo del Pil del Friuli Venezia Giulia. Ed eroso la crescita. Non bastasse, se la situazione non dovesse migliorare nel prossimo trimestre, la vista sarebbe su una situazione di crescita zero.
LE PROSPETTIVE
L’Ufficio studi di Confindustria (allora i dati erano quelli della sezione udinese, ma riguardavano tutto il Friuli Venezia Giulia) a fine anno aveva diffuso le sue previsioni sul 2022. Il Friuli Venezia Giulia, forte della ripresa sensibile a livello nazionale, sarebbe decollato del 3,8 per cento (si parla sempre di Pil) alla fine dell’anno in corso. Analisi che purtroppo non è più vera. La stessa Confindustria, infatti, ora rivede al ribasso le stime, portandole giù di un punto, anche un punto e mezzo rispetto alle previsioni. Il Friuli Venezia Giulia per ora crescerà ancora, ma lo farà del 2,5-2,8 per cento su base annua.
LE CAUSE
Paolo Candotti (Confindustria Alto Adriatico) prova ad analizzare quali siano i fattori che stanno trascinando verso il basso i dati della crescita friulana. Si parte ad esempio dal settore del mobile. «L’export in Russia era molto importante e di fatto si è interrotto - è una prima spiegazione -. Si tratta di una perdita secca di Pil, perché di fatto le finestre di mercato si sono chiuse in pochi giorni». Un’altra fetta importante della crescita è “mangiata” dai costi energetici. «Ci sono aziende che nelle ultime settimane sono state costrette a fermare temporaneamente la produzione». E ogni giorno costa, in termini di prodotto interno. Qui si intreccia anche la carenza di materie prime, una crisi iniziata prima della guerra in Ucraina ma che il conflitto ha reso ancora più grave. Un altro tema è quello legato al bonus 100 per cento, che ha spinto in alto le stime di crescita del Pil grazie alla gran mole di ordini nel comparto dell’edilizia. Ma l’altra faccia della medaglia è quella che invece ci dice come molti lavori siano comunque fermi a causa della mancanza di manodopera.
I TIMORI
La crescita del Friuli Venezia Giulia è nettamente in frenata rispetto alle previsioni che erano state messe nero su bianco solamente pochi mesi fa. Ma il dato meno confortante è quello che riguarda il prossimo futuro. La crisi energetica e la speculazione sul gas, infatti, produrranno l’effetto più grave sul potere d’acquisto delle famiglie. E quindi sui consumi. Una dinamica che in realtà è già in corso. E la reazione sarà a catena. L’effetto della guerra, l’incertezza, le bollette schizzate verso l’alto, la cassa integrazione alternata al lavoro, il calo delle richieste di auto, elettrodomestici, beni comuni di consumo. «Ci aspettiamo - conclude Candotti - un periodo di forte contrazione. La Germania tecnicamente sta già affrontando la recessione e il nostro tessuto è fortemente legato a quello di Berlino. Solitamente seguiamo a ruota». Anche perché della Germania siamo fornitori per quanto riguarda soprattutto la componentistica del settore automobilistico. Il rischio, quindi, è che nei prossimi tre mesi si possano erodere altri punti di Pil potenziale, fino ad arrivare a una condizione vicina alla crescita zero.