PORDENONE - Qualcuno la chiama tempesta perfetta. Altri parlano di una terribile morsa nella quale le imprese sono stritolate: da una parte folle aumento dei costi delle materie prime che sempre non fermarsi più, dall'altra i costi energetici che non sono più sopportabili.
I CONTAINER
A questo si deve aggiungere il costo, spesso quintuplicato, dei container e della logistica per le aziende - in regione sono moltissime - che esportano nei diversi mercati del mondo. Nelle ultime settimane si sono aggiunte le grane derivanti dalle conseguenze dirette delle guerra: il blocco delle esportazioni da parte di Ucraina e Russia (che riguarda in particolare il settore della metallurgia e della meccanica per i rifornimenti di acciaio) e le penalizzazioni delle sanzioni che vietano alle imprese europee di vendere una serie di prodotti sul mercato russo. Non bastava tutto questo. A rendere ancora più complicata la gestione di quella che, ormai di fatto, si è trasformata in una economia di guerra anche dentro le fabbriche del territorio regionale c'è pure la difficoltà nell'approvvigionamento degli imballaggi e degli scatoloni. Tanto che in molti casi viene segnalata la difficoltà nelle spedizioni: situazioni che sempre più spesso causano ritardi nell'arrivo e nella partenza delle merci. Scarsità di materia prima? Meno produzione da parte delle cartiere che essendo impianti energivori si trovano in forte difficoltà con i consumi e con le bollette e quindi rallentano la produzione? Tentativi di speculazione? Le imprese e le loro associazioni di categoria se lo stanno chiedendo. Una risposta precisa non c'è: probabilmente si tratta di un mix di situazioni che hanno portato i reparti produttivi a dovere fare i conti con un ennesimo problema. Appunto, la mancanza di imballaggi e di cartone che rischia di rallentare le spedizioni nei magazzini delle aziende. Un problema che sembra riguardare l'intera filiera del packeging: non soltanto il classico cartone grosso per gli imballaggi, mancherebbero anche i materiali come polistirolo e simili che fanno parte della famiglia dei materiali isolanti. «Ci mancava pure questa difficoltà. Già facevamo fatica - sottolineano dalla categoria del Legno-arredo di Confindustria Alto Adriatico - con le materie prime base, come il legno e i pannelli di truciolare, ora si fa una gran fatica a trovare pure i cartoni e i materiali per imballare e spedire». Insomma, gli imprenditori sono ormai costretti a lavorare con l'elmetto in testa: i riflessi della guerra, sommati alle problematiche precedenti legate ai super-rincari della materia prima, costringono ogni giorno a rimodulare la produzione e a cambiare programmi. Molte aziende hanno anche dovuto riconoscere la richiesta di un aumento dei prezzi avanzato dagli autotrasportatori che in forte sofferenza, almeno fino a prima degli interventi del governo sui prezzi del gasolio. Difficoltà che, almeno fino a oggi, vengono in parte superate grazie al fatto che la domanda dei mercati, tolti quelli di Ucraina, Russia e dell'area dell'est e del nord Europa che ne è più influenzata, è ancora piuttosto alta. Come dire: lavora ce n'è e dunque si riesce a fare fronte anche agli aumenti dei costi.
NUOVE PAURE
Ma quanto potrà durare? È la domanda che le imprese si fanno a fronte della fiammata dell'inflazione. E nell'economia reale delle fabbriche e delle linee di montaggio la preoccupazione cresce. Un segnale nel settore del legno-arredo è già arrivato: nelle mostre dei mobili ci sono meno consumatori e gli ordini mostrano un inizio di flessione dopo un 2021 da boom.