Omicidio Cecchettin. Il volontario che l'ha trovata: «Allertati dallo strano comportamento del cane. A casa ho abbracciato mia figlia, si chiama Giulia»

Lunedì 20 Novembre 2023
Il volontario e il cane che hanno trovato Giulia Cecchettin

AVIANO (PORDENONE) - «Quando sono tornato a casa ho abbracciato mia figlia. Si chiama Giulia. Sì, proprio Giulia. Quelle immagini tremende mi rimarranno sempre nella mente». Antonio Scarongella, pordenonese dalle chiare origini pugliesi, ha 42 anni. È volontario del gruppo alpini del Friuli Occidentale. Unità cinofila. Il corpo di Giulia Cecchettin sabato mattina l'ha trovato lui.

E il suo racconto inizia dalla fine, dal ritorno a casa e dalla «poca voglia di parlare». Solo quella di guardare negli occhi una figlia che porta lo stesso nome della 22enne trovata morta tra Piancavallo e Barcis.

Giulia Cecchettin sarà sepolta accanto a mamma Monica. Fiocchi rossi e maxi schermi per il funerale

Un volontario esperto, Antonio. «Ma non siamo abituati a queste cose - spiega -. Siamo persone comuni». L'unica consolazione è per «il lavoro fatto da Jägeer, il cane di razza Flat coated retriver che era con noi». Scarongella è stato convocato dal coordinamento dell'unità cinofila la sera del 17 novembre. «Alle otto del mattino di sabato eravamo a Barcis - racconta il volontario -. La zona delle ricerche è stata suddivisa in sei sotto-aree, ognuna assegnata a una squadra con un cane. La mia e quella del collega Andrea Nicoli era quella più in quota, da Malga Valli al laghetto di Pian delle More, verso Piancavallo. Abbiamo subito impostato una tattica: io sono rimasto sulla strada, il collega è andato nel bosco con Jägeer. A salire abbiamo pattugliato il lato destro, poi siamo nuovamente scesi verso valle». Attorno, il silenzio. Poi però succede qualcosa.

«Il cane mostra interesse per alcune rocce. Doveva abbaiare, invece mostrava un comportamento strano - spiega il volontario -. Allora sono sceso nel canalone e in una cavità tra le rocce ho notato dei sacchi di plastica neri. Ho chiamato il collega alla radio. "Avvicinati", gli ho detto. Abbiamo spostato i sacchi e intravisto degli indumenti azzurri macchiati di sangue. Si notava un corpo femminile». Antonio Scarongella in quel momento aveva portato a termine la sua missione. «Ho chiamato i vigili del fuoco a valle, a Barcis: ho detto loro che avevamo ritrovato un corpo femminile».

Un volontario non può dare un nome a un corpo. Ma in quell'esatto istante c'era poco di cui dubitare. La squadra assegnata alla quota più alta aveva trovato il cadavere di Giulia Cecchettin, scrivendo la parola fine a qualsiasi residua speranza. «Noi siamo volontari - continua a ripetere il 42enne di Pordenone che ha lavorato per la Protezione civile -, non siamo abituati a gestire questo tipo di tragedie. Sono immagini che non potrò dimenticare mai».

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M.A.

Ultimo aggiornamento: 22 Novembre, 13:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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