Papà Vasile non ce l'ha fatta: muore a 26 anni dopo l'incidente e 5 mesi di agonia

Venerdì 15 Ottobre 2021 di Serena De Salvador
Vasile Tirsina, aveva 26 anni

PADOVA - «La sua tempra lo ha fatto resistere per quasi 5 mesi. Ma in quel letto d’ospedale, inerme, lui che era sempre stato un perfezionista e una forza della natura, non era più sé stesso». Ha la voce rotta Olga nel ripercorrere quei lunghissimi mesi passati ogni singolo giorno, insieme alla sorella e alla mamma, al capezzale di suo fratello Vasile Tirsina. Prima in Azienda ospedaliera, poi al San Bortolo di Vicenza, poi ancora al Sant’Antonio.
Giorno e notte a pregare perché quel ragazzo bellissimo e forte, 26 anni compiuti il 30 aprile, potesse tornare come prima. Decine le corse in reparto, anche in piena notte, quando sembrava che la fine fosse giunta. Vasile si era sempre ripreso, ma alla fine sabato sera il suo fisico ha ceduto. Lasciando la sua bimba di 2 anni e mezzo e la compagna di 23.

LO SCHIANTO

A costringerlo in un letto d’ospedale, attaccato a un respiratore, era stato un drammatico incidente avvenuto alle 18.30 del 20 maggio. Vasile era in sella alla Ducati 600 che, dopo averla desiderata moltissimo, aveva comprato da poco. «Noi avevamo paura anche se dopo la nascita della bimba era ancor più prudente, ma l’aveva così tanto sognata –ricorda la sorella–. A volte a casa la metteva in moto solo per sentirla rombare». Stava percorrendo via Tiziano Aspetti all’Arcella in direzione del centro di Padova.

Superato il semaforo di piazza Azzurri, la Lancia Y guidata da una donna gli aveva tagliato la strada svoltando, dal senso opposto, a sinistra per immettersi in via Temanza.

LA SOFFERENZA

Con 32 metri di volo, l’impatto era stato devastante.
«Lo avevano messo in coma farmacologico, inizialmente sembrava fosse rimasto paralizzato alle gambe –continua Olga–. Eravamo distrutti nel pensare come avrebbe reagito, lui che era tanto appassionato di fitness da essersi costruito una palestra in casa. Invece quello non era che l’inizio. Le lesioni alla testa e alla spina dorsale, sia alle cervicali che al bacino, sono peggiorate. Dopo 12 giorni ha avuto la forza di svegliarsi. Era intubato, ma reagiva e muoveva gli occhi.
Abbiamo sperato e pregato, mentre vedevamo il suo fisico prestante deperire giorno dopo giorno. Solo noi sorelle, nostra madre e la sua compagna lo abbiamo vegliato ogni giorno: non avrebbe voluto essere visto così da nessuno. Era incosciente nelle ultime settimane, ma vedevo sul suo viso una maschera di dolore. Quel che mi distrugge è pensare che possa essersi reso conto, che possa aver sofferto per mesi. Per questo nell’ultimo periodo sono arrivata a pensare che forse sarebbe stato meglio per che quella tortura finisse. Quando però è accaduto davvero, ci è caduto il mondo addosso».
Di professione saldatore, Vasile era il piccolo di casa: arrivato con la famiglia dalla Moldavia da bambino, era cresciuto a Cadoneghe, dove ha frequentato le scuole e conosciuto la compagna con cui ha avuto una bimba. «Stravedeva per lei e lei per lui. Era un papà giovane, sempre pronto a giocare e scherzare. Prima si dedicava al ciclismo, poi aveva cominciato a portare la piccola sul seggiolino montato su una bicicletta da città. La sedeva sulla moto in garage –si commuove Olga– e lei ancora oggi quando sente il rumore del motore grida “Papà brum! Lavoro brum”. Crede che lui sia andato al lavoro in moto, lo sta ancora aspettando».
Domani saranno celebrati i funerali, alle 11.15 nella chiesa ortodossa di via Tunisi all’Arcella, di cui la mamma è fedele. Poi Vasile riposerà a Cadoneghe, accompagnato dai moltissimi amici che in questi giorni stanno raggiungendo Padova per l’ultimo saluto.

Ultimo aggiornamento: 16 Ottobre, 19:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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