Accoglienza migranti. Bagnoli, Cadore e Udine: le caserme del Nordest finiscono al setaccio

Domenica 17 Settembre 2023 di R.N.
Caserma di Bagnoli (foto di archivio)

Giorgia Meloni l’altra sera è stata sufficientemente esplicita: «Nel Cdm di lunedì sarà dato mandato alla Difesa di realizzare nel più breve tempo possibile le strutture per i migranti in modo tale che siano sufficienti a trattenere gli illegali. Daremo mandato di realizzare queste strutture in località a bassissima densità abitativa e facilmente perimetrabili e sorvegliabili». Il pensiero è andato alle decine e decine di caserme non più operative o abbandonate. E la gran parte di queste strutture sorgono, com’è noto, a Nordest. «Stiamo già lavorando al potenziamento dei centri per i rimpatri in modo che chiunque entri illegalmente sia effettivamente trattenuto per tutto il tempo necessario alla definizione di una sua eventuale richiesta di asilo e per la sua effettiva espulsione nel caso in cui sia irregolare», ha chiarito la premier.

La sintesi è semplice: ogni regione avrà un Cpr. La Difesa e i prefetti hanno già avviato il censimento delle strutture e questa è la fotografia attuale in Veneto e Friuli: con ogni probabilità almeno due di queste ex caserme - una per regione - saranno trasformate in Centro per i rimpatri, da aggiungere a quelli di Gradisca d’Isonzo, Torino, Roma, Brindisi, Palazzo San Gervasio, Bari, Trapani, Caltanissetta e Macomer.

VENEZIA
Esclusi a priori i centri delle città: la ricerca proseguirà quindi nelle aree demaniali di provincia, come le basi militari dismesse. Nel Veneziano anche in passato erano stati fatti dei sondaggi per un’area simile a Portogruaro e per l’ex base militare di Scorzè (attualmente riconvertita però in area eventi per feste di paese). Per logistica e tipologia di struttura calzerebbe a pennello l’ex base di Conetta di Cona, che portò a inchieste delle Procure di Venezia e Padova, iscrivendo nel registro degli indagati anche due prefetti. Difficile però pensare che il governo Meloni pensi di riaprire quel sito, chiuso da Matteo Salvini come prima azione quand’era ministro dell’Interno.

PADOVA
Nel Padovano a Bagnoli esiste l’ex base missilistica dell’Aeronautica: 242.000 metri quadrati dove fino al 2005 lavoravano 300 militari. Smobilitata nel 2008 è diventata hub nella stagione degli sbarchi 2015-2017 quando raggiunse quota 900 migranti. La parte delle casette che li ospitavano è ora del Comune, così come il terreno incolto di 500 ettari, per cui sarebbe necessaria una requisizione. Lo stesso varrebbe per il Primo Roc, nella frazione di Giarre ad Abano Terme, divenuta proprietà del municipio e peraltro bersaglio della protesta popolare nel 2016. Poco probabile anche l’ex caserma Romagnoli in zona Chiesanuova a Padova, chiusa dal 2009 e nel 2011 indicata per 450 persone, ma ora oggetto di una variante urbanistica che consente case negozi e uffici con l’interessamento di Invimit del ministero dell’Economia. L’aeroporto Allegri funziona ancora oggi come base dell’elicottero del Suem e per i voli civili ed è attualmente centro di smistamento per i profughi in arrivo a Padova. La base operativa sul monte Venda è piuttosto isolata e può ospitare 100 persone.

TREVISO
Nel Trevigiano sono 45 le caserme e gli immobili militari utilizzati, sotto utilizzati o ormai del tutto dismessi. E due strutture, l’ex Serena al confine tra Treviso e Casier e l’ex Zanusso a Oderzo, sono già da state trasformate da anni in centri d’accoglienza. Ma altre all’occorrenza potrebbero seguire la stessa sorte. Quali? Difficile dirlo. Una potrebbe essere l’ex caserma di via Veccelli a Paese, oppure due strutture a Vittorio Veneto: tutti immobili poco adoperati o ormai dimenticati, ma ancora recintati e con le misure di sicurezza necessarie. Ieri sono partiti i monitoraggi, sempre che la Marca venga scelta per ospitare un altro centro: sarebbe il terzo.

BELLUNO
Sono una ventina le caserme dismesse nel Bellunese, ma molte sono già usate per altri progetti. Sui tavoli convocati in prefettura ci sono stati ragionamenti sulle strutture tra Cadore e Comelico: in particolare la caserma Calvi, un tempo del 7° Reggimento Alpini, che si trova a Tai (Pieve di Cadore) e la caserma Calbo compagnia Alpini d’arresto “Val Cismon”, collocata a Santo Stefano di Cadore. Alla fine le due ipotesi sono però tramontate e si è proceduto con Centri di accoglienza straordinari, già quasi saturi, in ex colonie estive o ex asili religiosi Ma la pressione migranti anche nella provincia dolomitica cresce e, in concomitanza con l’ennesimo bando per l’accoglienza disertato dalle cooperative, si cercano nuove soluzioni. 

FRIULI
Durante gli anni della Guerra fredda, quello tra il Friuli Venezia Giulia e l’allora Jugoslavia del maresciallo Tito era definito «il confine più pacifico del mondo». Eppure era una fortezza, secondo la Nato l’ultima linea difensiva in caso di invasione dal blocco comunista. Più di due milioni di militari di leva transitati dalla regione, duecento caserme che oggi risultano dismesse e circa duemila tra postazioni difensive e bunker strategici. Il Friuli Venezia Giulia, nell’opera di ricognizione dei siti militari in disuso, da solo impegnerebbe il governo Meloni per mesi. Dalla caserma Meloni di Coccau (Tarvisio, confine di Stato con l’Austria) che ospitava la Guardia di Finanza, fino alla “Vinicio Lago” di Jalmicco (Palmanova), diventata famosa di recente per l’intenzione di trasformarla in un hotspot per migranti. Una delle installazioni militari dismesse più conosciute è quella della caserma Cavarzerani di Udine: quasi 12.000 metri quadri che oggi ospitano i richiedenti asilo ma che diventeranno una cittadella della sicurezza. Solo nel capoluogo friulano ce ne sono altre sette, di caserme abbandonate. Una, la “Piave”, è stata demolita. A Pordenone la caserma Monti occupa una superficie pari a quella della Cavarzerani di Udine e per un periodo ha funzionato come hub per l’immigrazione. Un’area di sua pertinenza ospiterà in futuro il comando dei vigili del fuoco. Sempre nel centro del Friuli Occidentale, di caserme abbandonate ce ne sono altre tre. L’ultima “barriera” prima del confine jugoslavo era rappresentata dalla caserma Ferruccio Dardi di Sgonico, a pochi metri dall’attuale Slovenia. È in corso un progetto di sdemanializzazione. In Friuli Venezia Giulia ce n’è una cinquantina in totale.
 

Ultimo aggiornamento: 18 Settembre, 09:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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