PADOVA - «Non vogliamo maxi hub di accoglienza, men che meno accetteremo dei centri per i rimpatri. Gli abitanti dei paesi piccoli e con pochi abitanti non sono cittadini di serie b. Non è così che si può pensare di affrontare l’emergenza migranti». Sono univoche e dure le reazioni dei sindaci dei comuni in cui si trovano ex caserme e basi militari dove ipoteticamente potrebbero essere allestiti i nuovi centri per i rimpatri (Cpr) su cui vuole puntare la premier Meloni. Al momento per nel Padovano non sono stati fatti riferimenti espliciti, ma basta ventilare l’ipotesi per far levare gli scudi agli amministratori. Si invoca la creazione di una cabina di regia e anche l’Anci locale (Associazione nazionale comuni italiani) chiede chiarezza al governo.
LE VOCI
Se il governo dovesse investire nelle strutture in disuso del Demanio militare il sito più papabile in provincia sarebbe la caserma Romagnoli di Padova, che è però in una zona densamente abitata (Chiesanuova).
LA LETTURA
La necessità di un tavolo di lavoro è espressa anche da Elisa Venturini, consigliere regionale e vicepresidente di Anci Veneto. «La notizia della volontà di creare più centri per il rimpatrio è molto fresca, dobbiamo attendere che il governo spieghi esattamente che cosa vuole fare e soprattutto come intende farlo – ha spiegato –. Devono dare precise linee guida, poi tutti gli attori locali interessati potranno sedersi a un tavolo e valutare le manovre. Queste dichiarazioni aprono una nuova fase e come Anci dovremo fare il punto e capire che contributo possiamo dare. Quel che è certo è che l’emergenza immigrazione non può essere gestita autonomamente dall’Italia e men che meno a livello locale. L’Europa deve intervenire, pesantemente». Tra gli effetti che a cascata potrebbero derivare dalla presenza di grandi hub (per l’accoglienza ma specialmente per la detenzione) vale la pena chiedersi se potrebbero essercene anche sul turismo, che a Padova sta registrando numeri da record. «Il turismo di Padova procede sui suoi binari, non credo che sarebbe inficiato da questo genere di strutture – spiega Andrea Colasio, assessore alla cultura –. Soprattutto però mi auguro che, se mai dovesse arrivare una simile decisione, il governo avrebbe la lungimiranza di capire che Padova non ha minimamente i requisiti per ospitare un Cpr, vista la sua densità abitativa».