La scoperta dei ricercatori padovani: su Marte migliaia di vulcani di fango

Venerdì 28 Giugno 2019 di Federica Cappellato
La scoperta dei ricercatori padovani: su Marte migliaia di vulcani di fango
PADOVA - Non uno, non dieci, ma migliaia. Talmente tanti, e finora ignoti, da rimettere in discussione l'attività ipotizzata su Marte e aprire un nuovo scenario su quanta acqua sia in effetti rimasta nelle profondità del pianeta rosso. L'ipotesi di vita marziana, insomma, potrebbe essere più vicina. 
Nella zona di Arcadia Planitia un'ampia regione delle pianure del nord di Marte un gruppo di ricercatori padovani ha rinvenuto un'area di 12.000 km2 con migliaia di vulcani di fango, cioè edifici di emissione prodotti dalla risalita di acqua, sedimenti e gas anziché dall'emissione di lave. 
LA PUBBLICAZIONE La scoperta, pubblicata su «Scientific Reports» di Nature Research porta la firma del team coordinato da Barbara De Toffoli del Dipartimento di Geoscienze. Il sottosuolo di Marte è ancora un ambiente poco studiato a causa di una barriera tecnologica che non permette il sondaggio approfondito come quello che è possibile sviluppare sulla Terra. Per primi, i ricercatori patavini hanno applicato una combinazione di analisi geomorfologica e analisi frattale ai vulcani di fango studiati per poi creare un collegamento tra forme di superficie e i livelli di permafrost nel sottosuolo. La produzione di migliaia di vulcani di fango, dovuta alla mobilizzazione di grosse masse d'acqua in risalita dal permafrost marziano, sarebbe avvenuta infatti solo 370 milioni di anni fa.

«Per prima cosa - spiega De Toffoli - abbiamo osservato le immagini della superficie che la Context Camera a bordo di Mars Reconnaissance Orbiter ha acquisito. Siamo stati quindi in grado di capire che questi allineamenti di strutture potessero essere interpretati come centri di emissione di fluidi e sedimenti. Successivamente abbiamo classato le caratteristiche peculiari e comuni di questi migliaia di vulcani marziani e li abbiamo paragonati con strutture simili, sia terrestri che marziane, individuando una morfologia pressoché identica a quelle in esame». Ma un'osservazione della sola morfologia non è sufficiente per discriminare il tipo di struttura. «Per questa ragione abbiamo aggiunto una seconda analisi, quella frattale, in grado di restituirci una stima della profondità: dobbiamo infatti immaginare i vulcani di fango - continua De Toffoli - non come edifici singoli e scollegati, ma come una rete di fratture che coinvolge uno spessore della crosta pari a 18 km dove abbiamo ipotizzato essere la sorgente dei materiali emessi». Marte è uno dei principali candidati di studio per la ricerca di vita. «Noi abbiamo individuato tira le somme la ricercatrice padovana - un ambiente in cui significative quantità d'acqua sono state presenti in forma liquida in un tempo molto recente, questo rende l'area ad alto potenziale, e quindi attraente, per lo sviluppo di studi astrobiologici». 
 
Ultimo aggiornamento: 13:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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