Leonora Armellini, 30 anni, premio Chopin: «La mia storia d'amore con la musica»

Mercoledì 8 Marzo 2023 di Nicoletta Cozza
La pianista Leonora Armellini

PADOVA - La musica è una componente essenziale della sua esistenza. E il pianoforte un’estensione del corpo. Tanto che quando ne vede uno, desidera conoscerlo ed entrarvi in confidenza, perché seduta davanti agli 88 tasti si sente al suo posto. D’altro canto aveva iniziato a strimpellare a 4 anni, dimostrando di essere una bimba prodigio e confermando in seguito un talento straordinario. Leonora Armellini, 30 anni, è oggi una delle più apprezzate pianiste e l’elenco dei premi importanti che le hanno attribuito è lunghissimo.

Figlia d’arte, è cresciuta in una famiglia dove la musica si “respira”, con papà Leopoldo fagottista, che ha suonato con i Solisti Veneti di Scimone e ha diretto il “Pollini”, mamma Lorella Ruffin pianista e docente al Conservatorio, e Ludovico, il fratello violoncellista.

Leonora, da dove ha cominciato?
«È stato un inizio naturale, perché sono nata in una casa dove si faceva musica dalla mattina alla sera, e fin dal primo giorno che sono venuta al mondo l’ho percepita come parte integrante della nostra vita».

In che senso?
«È il bello di avere qualcosa in comune: era argomento di conversazione e “aggregante” familiare. I miei genitori facevano tante prove tra le mura domestiche e poi andavamo insieme a sentire papà che suonava con l’orchestra e io, piccolissima, giravo tra gli strumentisti».

E poi ha iniziato a studiare.
«I miei genitori, essendo musicisti, si chiedevano se far suonare i figli. Non volevano fosse un obbligo e quindi hanno aspettato che noi glielo chiedessimo. Abbiamo avuto la fortuna di incontrare la professoressa Laura Palmieri di Verona ed è stata la svolta. Eravamo in montagna e siamo andati a salutarla: avevo quasi 4 anni e lei stava insegnando, ma io ho mandato via l’allievo e ho iniziato a strimpellare. Lei ha detto subito a mia mamma che ero pronta per le lezioni e quindi 2 volte la settimana facevamo le pendolari. Mi piaceva e imparavo».

Era una bambina prodigio…
«Non amo definirmi così, ma posso dire di avere sempre avuto un grande amore per la musica e studiare tanto non mi è mai pesato. Non vedevo l’ora da piccola mettermi al pianoforte ed è così tuttora. Talento? Mah, ritengo che mia fortuna sia stata nascere a contatto con la musica perché tante cose le ho assorbite naturalmente. Ed è la cosa per cui di più ringrazio la vita».

Anche al Conservatorio ha terminato presto.
«Ho preso il diploma a 12 anni e il pianoforte è diventato il mezzo con cui posso esprimermi meglio, a volte in modo più naturale che a parole».

Il primo concerto importante?
«Ci sono state tante fasi significative nel mio percorso: per esempio nel 2011 alla Filarmonica di Varsavia, l’anno dopo che avevo partecipato per la prima volta al Concorso Chopin vincendo un premio speciale, ed è stato un evento dalla portata emotiva indescrivibile. Nella quotidianità non ho grande memoria, mentre ricordo perfettamente i dettagli di tutti concerti che ho fatto, compresi il colore dell’abito e le musiche che ho suonato. Ciascuno ha lasciato un segno».

E poi nel 2021 è arrivato il Premio Chopin.
«Le emozioni a distanza di un anno e mezzo sono ancora fresche».

I familiari la seguono?
«Sono di grandissimo supporto e, facendo lo stesso lavoro, mi capiscono e sono ottimi consiglieri».

Riesce ad avere una vita personale?
«Dipende dai periodi e per esempio adesso sto viaggiando molto ed è forse la prima volta che sto lavorando per quello per cui mi ero impegnata fin da piccola. Ciò implica delle rinunce, ma sono felice per questa fase straordinaria in cui suono in tutto il mondo. Mi sto dedicando a me stessa ed è una cosa bella».

 
Inconciliabile con un fidanzato, o un bimbo.
«Ci sarà il momento giusto per ogni cosa».


Qual è il suo sogno?
«Vivere con la musica e godere delle piccole cose, perché è bello suonare in una sala con duemila persone, però lo è anche tornare a casa e apprezzare la semplicità».


Oggi è l’8 marzo. Come lo vive?
«È un giorno che sento. Importante è conoscerne la storia e andare oltre il significato superficiale. Io mi impegno sempre per rendermi migliore e sono orgogliosa del percorso effettuato dalle donne per permettere a me oggi di fare quello che desidero. Nel mio campo, però, non ho mai avuto difficoltà ad emergere».


Che cosa le fa piacere ritrovare quando rientra?
«La famiglia, i cani Lucky e Dollaro, il gatto Giulio e la mia città. Sono felice quando torno a Padova e, come dice la canzone, “mi sento a casa mia”. Amo passeggiare in centro e ogni volta rimango stupita dalla bellezza del luogo dove sono nata. Sono orgogliosa di essere padovana e ovunque vado, grazie all’Urbs Picta, tutti conoscono la Cappella degli Scrovegni».

Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 09:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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