Padova. Alfredo Giacon, trent'anni di avventure al limite: «Ho navigato gli oceani per difendere la Terra»

Skipper e scrittore ha girato il mondo in barca con la moglie Nicoletta

Domenica 29 Ottobre 2023 di Mauro Giacon
Alfredo Giacon e la moglie

PADOVA - Alfredo, la moglie Nicoletta, il loro cane e la barca dove vivono da 30 anni.

Hanno conosciuto tutti gli Oceani e i loro imprevisti, ma non per se stessi. Ogni tappa di tutti i viaggi è servita per sensibilizzare sulla sorte del pianeta.

E siete tornati vivi...
«Abbiamo fatto un giro del mondo geografico, cioè partendo da Creta e ritornando sulla stessa isola dopo quasi tre anni di rotta verso ovest, seguendo il sole al tramonto. Poi abbiamo fatto oltre due decenni di navigazioni nei mari di tutto il mondo, dalla Turchia al Brasile, Caraibi Messico, Usa fino al nord del Canada per un totale ad oggi di oltre 120.000 miglia. La nostra forza, quella che ci ha fatto superare terribili burrasche e imprevisti di tutti i tipi, è stata la caparbietà e la curiosità di scoprire cosa ci fosse oltre l’orizzonte. Alla fine, dopo trent’anni di avventure ed esplorazioni, posso affermare che seguire i sogni, quelli romantici, ha il grande potere di far fare cose eroiche a persone normali».

Per gente abituata sul divano è difficile pensare a una vita in barca, sperduti nell’Oceano...
«Un giorno, dopo essere salpati da Bora Bora, a causa del poco vento ci siamo ancorati davanti ad un’isola sperduta dell’oceano Pacifico. Dopo qualche ora si è avvicinata una piccola canoa ricavata da un tronco d’albero con a bordo un indigeno che in tono solenne ha dato il benvenuto sulla sua isola e ci ha invitato ad una festa in nostro onore organizzata dagli isolani per il giorno dopo. Il motivo della festa era che ne vedono un all’anno».

Per lei la vela non è mai stata fine a stessa. Lo testimonia il fatto che è l’ambasciata galleggiante di Padova di cui è stato testimone incontrando autorità in ogni latitudine...
«Dopo aver partecipato alla regata del giro del mondo, la Millenium Odyssey svolta dal 1998 al 2000, ci siamo resi conto che era in atto un cambiamento climatico epocale. Visto che il motore della barca a vela è il vento, questo non era stabile e continuo come riportato nei racconti di navigatori che ci avevano preceduto, bensì era incostante e di direzione variabile. Inoltre nel 1999 dopo aver abbandonato le isole Galapagos con rotta verso le isole Marchesi, proprio in mezzo all’oceano abbiamo impattato contro un isola di plastica enorme e densa della quale non avevamo mai sentito parlare e che ancora adesso, di dimensioni ben più enormi, vaga alla deriva in pieno oceano Pacifico. Quella visione per me è stata un incubo ed una volta tornati in Mediterraneo abbiamo deciso di non partecipare più a regate, bensì impegnarci in missioni ambientaliste e filantropiche in giro per il mondo per preservare il nostro unico e delicato pianeta».

E siete tornati con il desiderio di sensibilizzare il Comune...
«Dato che siamo orgogliosi ed innamorati della nostra bella città, è venuto naturale interagire con le nostre autorità per avere una sorta di autorizzazione formale per promuovere non solo le bellezze e la cultura di Padova e del suo territorio nel mondo, ma anche relazioni con le autorità locali».

Anche studiosi dell’Università sono stati ospiti nella sua barca per documentare l’inquinamento delle microplastiche in Atlantico. A che punto siamo con il pianeta?
«Io sono uno skipper e scrittore non un biologo o ricercatore, la cosa che faccio è riportare quanto vedo, oltre alle emozioni, i colori ed i profumi delle terre dove approdo, è avvenuto anche in questo caso naturale bussare alle porte della nostra Università di Padova per cercare di collaborare in sinergia con i vari dipartimenti, e devo dire che l’ateneo patavino ha spalancato le porte con grande spirito collaborativo. Il pianeta da alcuni decenni ci sta avvisando che è in atto un cambiamento che noi esseri umani stiamo accelerando».

L’ultima “impresa” è stata riportare la barca in Europa da Washington. E poi partire da Genova in aprile e attraversare tutta l’Italia fino a Chioggia e Trieste. Con una serie di tappe per evidenziare il tema della sostenibilità. Che Italia ha trovato?
«L’Italia vista dal mare è meravigliosa ed una volta a terra è difficile la partenza per la tappa successiva. Abbiamo fatto diversi incontri per spiegare il rischio che corriamo, ripresi da servizi televisivi Rai e dalla stampa locale».

Divulgazione e comunicazione sono sempre stati un punto di riferimento. Lei ha scritto sette libri per Mursia raccontando prima la Grecia e la Turchia poi gli States. E pure come portare il cane in barca. E infine questo appena presentato “Intracoastal way per Jancris” Ce ne parla?
«Ho avuto la fortuna di vivere emozioni forti e vedere luoghi incantevoli. Questo mio nuovo libro presentato in anteprima nazionale alla Barcolana di Trieste, racconta di un viaggio incredibile ricco di colpi di scena e descrizioni di paesaggi poco familiari a chi naviga per mare. Ovvero con Nicoletta ho navigato su fiumi, paludi, laghi, con una barca concepita per solcare oceani. Abbiamo combattuto senza mai mollare lungo una rotta bizzarra dove la nostra esperienza di marinai veniva azzerata perché il mare era lontano».

Ultimo aggiornamento: 17:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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