Padova. Cerca il padre mai conosciuto, lui nega di aver saputo della gravidanza. Chiesto il test del Dna

La versione della 22enne: «Quando la mamma gli ha comunicato che era rimasta incinta è letteralmente sparito».

Venerdì 16 Dicembre 2022 di Luca Ingegneri
Test del Dna per riconoscere la paternità
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PADOVA - Sarà l’esame del Dna a stabilire se la ventiduenne studentessa di origini senegalesi è davvero la figlia di un notissimo professionista padovano, oggi 73enne. A sottoporsi alla prova regina saranno sia il presunto padre che la ragazza, oggi residente in Francia, dove sta conseguendo la laurea specialistica in Marketing e Strategia commerciale. É quanto hanno concordato le parti in occasione della prima udienza della causa civile intentata dalla studentessa per ottenere la dichiarazione di paternità. Il professionista, assistito dall’avvocato Annamaria Bernardini De Pace, era presente in tribunale, davanti al giudice Federica Di Paolo. Hanno invece rinunciato a comparire sia la ragazza, assistita dal legale Sofia Tremolada, che la madre di quest’ultima, una 46enne senegalese, tutelata dalle avvocatesse Valentina Menegatti ed Elena Zaggia. La donna, che risiede attualmente in Spagna dove lavora come badante, è stata citata in giudizio dallo stesso professionista che la accusa di non averlo mai informato della gravidanza e che ha preannunciato nei suoi confronti una richiesta di risarcimento danni. Il giudice si è riservato la decisione anche se l’esame dei due Dna appare un passaggio obbligato in questa delicatissima causa. I due principali protagonisti della vicenda non si sono ancora incontrati. Ma è probabile che ciò avvenga in occasione della prossima udienza. Jeannette (nome di fantasia per tutelarne l’identità) avrebbe voluto venire a Padova in quest’occasione ma è stata bloccata a Nizza da inderogabili impegni di natura universitaria. Più volte la ragazza ha manifestato la ferma volontà di conoscere quello che sarebbe suo padre. Tre anni fa si era decisa ad affrontarlo di persona. Conosceva l’indirizzo dello studio, in pieno centro. Per quattro giorni consecutivi si era piazzata nel bar prospiciente l’attività del genitore. Contava di vederlo, di potergli dire che quella ragazza dalla carnagione chiara, con i capelli ricci, era sua figlia. Purtroppo non c’era riuscita. «Lui sa che esisto - aveva raccontato al Gazzettino - gli abbiamo inviato fotografie, la corrispondenza con mia mamma e persino il certificato di matrimonio».

Lo scontro

La legale del professionista ha annunciato fin da subito la linea difensiva. Non la negazione della paternità quanto piuttosto la completa assenza di comunicazioni sulla gravidanza. Il 73enne sostiene di non essere mai stato informato della nascita della figlia. L’ex moglie (i due hanno contratto un regolare matrimonio a Dakar secondo la religione islamica che non consente rapporti extraconiugali, ndr) sostiene di avergli spedito lettere, messaggi e persino le fotografie ed il certificato di nascita della bimba. Non vi sarebbero però prove dell’avvenuta ricezione di questi documenti. Potrebbero quindi assumere un’importanza decisiva le dichiarazioni testimoniali che verranno acquisite nel corso del contraddittorio. «Conosco la sua identità da quando avevo due anni - aveva raccontato Jeannette - la mamma mi ha raccontato della loro storia d’amore. Quando si sono conosciuti lei aveva appena ventuno anni. Secondo la fede mussulmana non potevano tenere in piedi la relazione al di fuori del matrimonio. Hanno quindi deciso di sposarsi. Papà ha dovuto assumere un nome arabo. Per oltre un anno ha fatto la spola tra Padova e Dakar. Veniva a trovarla in media una volta al mese. Quando la mamma gli ha comunicato che era rimasta incinta è letteralmente sparito.

Sapeva benissimo di avere concepito una figlia ma non ha mai voluto conoscermi. Mia madre ha dovuto mantenermi da sola». 

Ultimo aggiornamento: 21 Aprile, 11:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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