Due mamme e un figlio, la prima coppia padovana davanti al giudice per il doppio cognome: «Continuiamo a sperare»

Lunedì 30 Ottobre 2023 di Silvia Quaranta
Due mamme e un figlio, la prima coppia padovana davanti al giudice per il doppio cognome: «Continuiamo a sperare»

PADOVA - Roberta e Francesca si sono conosciute quindici anni fa, sul lavoro. La scintilla è scattata subito e da lì una storia d’amore lunga e piena, che sei anni fa si è concretizzata in tanti progetti: il matrimonio, la casa, la scelta di allargare la famiglia. Tutto deciso nell’arco di un tornante, salendo verso Asiago, e realizzato nel giro di un anno.

Emanuele è nato nel 2018 ed è stato registrato all’anagrafe con due cognomi, quelli delle sue mamme. Roberta e Francesca, la mattina del 14 novembre, saranno in Tribunale, a Padova: la loro è la prima delle ormai note 33 udienze, dove il giudice sarà chiamato a pronunciarsi sulla legittimità di quei due cognomi e quindi del legame, legalmente riconosciuto, con la madre intenzionale e tutta la sua famiglia, nonni zii e cugini.

Aspettative?

«Non siamo fiduciose, ma continuiamo a sperare in una piacevole sorpresa. Ogni martedì mattina, per un mese, l’associazione Famiglie Arcobaleno organizzerà iniziative per supportare le coppie oggetto delle udienze, stiamo ricevendo tanta solidarietà e affetto».

La maternità è arrivata, per voi, dopo dieci anni di relazione. Una scelta molto ponderata.

«La desideravamo entrambe – risponde Francesca – ma io ero piena di pregiudizi autoimposti, mi dicevo che in questo paese non c’era spazio per una famiglia come la nostra. E avevo deciso di rinunciare. Ne abbiamo discusso molto insieme, scornandoci anche. Tanto che Roberta non aveva quasi più il coraggio di tonare sull’argomento. Poi un giorno stavamo salendo verso Asiago, per un weekend di vacanza, e l’ho fatto io. Nel giro di pochi minuti abbiamo deciso tutti i passi più importanti della nostra relazione. Dopo tanto lavoro su me stessa, qualcosa si era sbloccato».

Come avete deciso chi sarebbe stata la mamma “biologica”?

«Roberta era più giovane – dice ancora Francesca – io un poco più avanti con l’età. Per la pma siamo volate in Danimarca, ed è stata una scelta precisa: da un lato, perché la legislazione danese permette di conoscere il nome e alcune generalità del donatore, quindi una volta maggiorenne sarà Emanuele a scegliere liberamente se accedere a queste informazioni. E poi c’è una ragione sentimentale: in un momento molto difficile della mia vita sono stata a Copenaghen, è stato un viaggio speciale. Il primo da sola, alla scoperta di un posto dove mi sono sentita a casa. E mi piace pensare che quel posto, che per me è così importante, sia in qualche modo “radice”, anche per mio figlio».

E così nel 2018 è arrivato Emanuele.

«Il nostro amore più grande. Oggi siamo felici – dice Roberta – ma la gravidanza è stata molto difficile. Quando è nato ero solo al quinto mese, pesava mezzo chilo. E aveva un gemello, Cesare, che purtroppo non ce l’ha fatta. Sono stati momenti terribili, era come se il nostro mondo si fosse rotto in un milione di pezzi. Abbiamo dovuto prenderli uno a uno e rimetterli insieme, perché comunque c’era qualcun altro per cui essere pronte e forti. Dovevamo resistere nonostante un dolore insopportabile, indicibile, dovevamo farlo per la nostra famiglia. Se non ci fosse stato Ema non ci saremmo rialzate. E il fatto che oggi stia bene è un miracolo».

Come mai non avete scelto l’adozione?

«Emanuele è stato registrato con due cognomi perché era la via più veloce e più sicura per lui in termini di tutele. Quando scegli la fecondazione assistita, o l’adozione, entri in un percorso in cui non c’è istante in cui tu non sia chiamato a rendere conto delle tue scelte, sei continuamente messo in discussione. Questo vale, naturalmente, anche per le coppie etero. È un percorso difficile e faticoso, molto ponderato, dove davvero nessun dettaglio può essere lasciato al caso. Questa per noi era la scelta migliore, oltre che la più naturale: perché un genitore dovrebbe adottare suo figlio?».

Oggi il vostro bambino ha cinque anni. Vi ha mai fatto domande sulle famiglie diverse dalla vostra?

«Certo, sa tutto. Sa che siamo andate in Danimarca a prendere un semino e che poi lui è cresciuto nella pancia di Roberta. Sa che altri bambini hanno una mamma e un papà, o due papà, e altri come lui hanno due mamme».

E come l’ha presa?

«In nessun modo, è una cosa naturale. A volte al parco chiama “mamme!” e nasce una discussione con i coetanei, che non gli credono quando dice di avere due mamme. Ma non c’è pregiudizio nello sguardo dei bambini, solo un po’ di stupore per la novità. Alla fine, siamo una famiglia come tante e conduciamo una vita del tutto normale».

Fra due settimane la vostra famiglia sarà la prima ad essere oggetto di udienza. Siete pronte?

«Speravamo di non doverlo essere, diciamo. Ma ormai si balla, e noi balliamo».

Ultimo aggiornamento: 16:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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