Inventato l'algoritmo che prevede le piene dei fiumi con tre giorni d'anticipo

Venerdì 10 Gennaio 2020 di Angela Pederiva
Alluvione a Caldogno
VENEZIA - A dieci anni dalla Grande Alluvione, e per la prima volta nel Vecchio Continente, il Veneto inventa e utilizza l’algoritmo anti-disastri. In gergo si chiama Image (Interfaccia e modello per l’allerta e la gestione) ed è un complesso programma di calcoli, capace in una decina di minuti di prevedere le piene dei fiumi con 72 ore di anticipo, così da permettere alle autorità di prendere decisioni ponderate a tutela del territorio e della popolazione, nonché di effettuare una pianificazione ragionata degli interventi necessari. A idearlo sono stati i “cervelli” (orgogliosamente non in fuga) del dipartimento di Ingegneria civile edile e ambientale dell’Università di Padova, in collaborazione con la Regione, che ieri l’ha presentato a Palazzo Balbi annunciandone la graduale implementazione, dopo i primi test tenuti nel riserbo sperimentale in occasione di Vaia.
COME FUNZIONA
Il sistema permette di sapere, fino a tre giorni prima dell’evento, se, dove e quando (cioè a che ora) un corso d’acqua esonderà, attraverso una copiosa serie di sofisticati dati, gestiti nella centrale operativa della Protezione civile regionale a Marghera, ma correggibili in remoto anche dall’Ateneo, dove opera il gruppo scientifico composto da Luca Carniello, Giulia Passadore, Elena Crestani, Riccardo Mel e Daniele Viero, sotto la supervisione del luminare della difesa idraulica Luigi D’Alpaos, “padre” del piano di opere da 3,2 miliardi di euro che finora la Regione ha realizzato per poco meno di un terzo. Ha spiegato l’accademico: «Abbiamo realizzato una cascata di modelli che, partendo dalle previsioni meteo dell’Arpav, definiscono gli stati idrometrici che si manifestano nel bacino di un fiume e individuano le eventuali sezioni critiche che sono, o no, in grado di contenere la portata. Il salto di qualità rispetto al passato è rappresentato dal fatto che le scelte non sono più affidate solo all’esperienza degli operatori, ma all’esperienza sostenuta da sistemi di calcolo che danno oggettività alle decisioni che saranno prese». 
Si parte dal modello idrologico di generazione della piena e si arriva al modello idraulico e idrogeologico della sua propagazione, capace di mostrare la sussistenza di condizioni pericolose. «Questi codici – ha sottolineato il professor D’Alpaos – sono stati tutti realizzati dai nostri ricercatori, per cui si può intervenire sugli schemi e migliorarli nel tempo, anche se si tratta già di modelli ormai collaudati e affidabili. Certo, quanto più sarà precisa la previsione meteorologica, tanto più saranno corrette le valutazioni sull’effetto al suolo. Purtroppo la meccanica dei fluidi, che governa i movimenti delle masse di aria nell’atmosfera, è influenzata da temperatura, venti e altri parametri molto complessi da inquadrare. Sono però convinto che in tempi relativamente brevi si andrà verso un perfezionamento. Per fortuna la Regione ha creduto in noi, permettendoci di stabilizzare un gruppo di ricerca dedicato esclusivamente a questo tema».
IL FINANZIAMENTO
Ha ricordato il governatore Luca Zaia: «Nel 2010, quando sono arrivato, non ho trovato modelli previsionali efficienti come quelli di cui possiamo disporre oggi. Abbiamo fatto un grande investimento su questo fronte e questo ci dà garanzia e risposta assolutamente serie». Con un finanziamento di 150.000 euro l’anno, erogato da Palazzo Balbi fin dal 2013, sono stati infatti trattenuti all’Università di Padova tre ricercatori, che compongono la squadra insieme a due docenti. 
Finora il modello è stato messo a punto per i tre bacini più critici del Veneto: Brenta-Bacchiglione, Piave e Muson dei Sassi. «Ma il nostro obiettivo – ha rimarcato Gianpaolo Bottacin, assessore regionale alla Protezione civile – è di estenderlo anche agli altri fiumi. Basta digitalizzare le relative informazioni, dopodiché il sistema è perfettamente esportabile. Come riconosciuto anche dall’Autorità di distretto, il nostro è un modello unico in Europa, tanto che vi sta guardando con estremo interesse anche il dipartimento nazionale della Protezione civile. Tranquilli in questo campo non si è mai, però adesso lo sono un po’ di più rispetto ad altri miei colleghi in giro per l’Italia, che non dispongono di uno strumento così raffinato. Sappiamo tutti come va a finire poi: se dai l’allarme e non succede niente, minacciano di farti causa; se invece non dirami l’allerta e accade la tragedia, poi finisci a processo». 
È stato così svelato che, senza le prime applicazioni sperimentali di Image, quindici mesi fa il bilancio di Vaia sarebbe stato ancora più grave. «I dati forniti – ha affermato Marco Puiatti. direttore regionale della Difesa del suolo – ci hanno detto come gestire il bacino del Corlo e ci hanno permesso di salvare il ponte di Bassano».
 
Ultimo aggiornamento: 16:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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